Superman II – Rubrica Cinecomics

Pubblicato il 4 Febbraio 2017 alle 19:07

Alla fine degli anni ’70, i produttori russo-messicani Alexander e Ilya Salkind, padre e figlio, e il loro socio Pierre Spengler, avevano deciso di realizzare due cinecomics su Superman da girare in contemporanea. Il dilungarsi di una lavorazione incredibilmente travagliata creò dei dissapori tra i produttori e il regista Richard Donner.

Venne così ingaggiato come mediatore Richard Lester che, per i Salkind, aveva diretto due film, pure in contemporanea, su I tre moschettieri. I tempi iniziarono a stringere e si decise di portare a termine il primo film per verificarne l’esito prima di completare il secondo. Tutto andò bene. Il kolossal infranse ogni record al botteghino, si aggiudicò un Oscar e rilanciò il personaggio ponendo fine ad un periodo di crisi.

Il 70% del sequel era già stato realizzato e Donner era ansioso di terminare il lavoro. Fu un’amara sorpresa per lui scoprire che gli screzi con i produttori avevano portato al suo licenziamento e a quello dei suoi più stretti collaboratori.

La decisione di far dirigere il film a Richard Lester causò subito un problema. Per poter firmare il film, il regista doveva averne diretto più di metà. Buona parte della pellicola realizzata da Donner venne così scartata e molte scene fondamentali dovevano essere girate di nuovo. Il cast restò scioccato dal licenziamento di Donner. Lester, considerato da molti come un intruso, fu accolto con una certa freddezza. Molti non vedevano di buon occhio il suo stile professionale, più tecnico e meno artistico del predecessore. Il regista si ritrovò tra le mani una patata bollente ma, con grande pazienza, riuscì ad accattivarsi la troupe e, alla lunga, si dimostrò un professionista col quale fu piacevole lavorare.

Nonostante i cambiamenti apportati alla sceneggiatura, la storia di base restava la stessa. Il primo capitolo iniziava con Jor-El che imprigionava nella Zona Fantasma tre terroristi sovversivi, il tirannico generale Zod, la sua amata, la glaciale Ursa, ed il brutale mastino Non, muto quanto rozzo.

Com’è possibile vedere nella versione estesa del primo episodio, la Zona Fantasma veniva risucchiata nella scia dell’astronave del piccolo Kal-El diretta verso la Terra. Nella parte finale del film, Superman riusciva ad acciuffare uno dei due missili dirottati da Lex Luthor e a lanciarlo nello spazio. Nella versione di Donner, sarebbe stato quel razzo, esplodendo, a liberare i tre criminali dalla loro prigione.

Lester volle invece realizzare una sequenza di grosso impatto per aprire il secondo film. Mentre nel primo c’era l’obbligo di un lungo antefatto per raccontare le origini del personaggio, nel sequel si poteva partire subito col piede sull’acceleratore. «La gente è andata a vedere il primo film chiedendo di veder volare un uomo», spiegò Lester. «Adesso vogliono vedere qualcosa di più.»

Un gruppo di terroristi, in questo caso terrestri e tragicamente realistici, si barricano nella Torre Eiffel con degli ostaggi minacciando di far saltare in aria Parigi con una bomba all’idrogeno. Fedele alla controparte fumettistica, Lois, da brava reporter d’assalto, si mette nei guai per cercare uno scoop e Superman riesce a salvarla in extremis scagliando la bomba nello spazio. L’esplosione infrange la Zona Fantasma. Dunque differenti dinamiche tra la versione di Donner e quella di Lester, ma stesso risultato.

Zod e i suoi accoliti scoprono subito che le radiazioni del sole giallo conferiscono loro dei superpoteri e, dopo aver ucciso tre astronauti sulla Luna, partono alla conquista della Terra. Creati tra la Silver e la Bronze age, il generale Dru-Zod, Quex-Ul e Faora, questi i nomi originali, erano tre personaggi minori ma gli attori che li interpretarono contribuirono a renderli memorabili, considerati ancora oggi tra i più valorosi avversari di Superman, completamente rivalutati anche nel fumetto.

In particolare fu Terence Stamp, tanto spietato nel ruolo del generale Zod quanto simpatico e affabile nella vita di tutti i giorni, a colpire la fantasia del pubblico. «Interpreto Zod come un Hitler galattico», ha detto l’attore. «Non ha il minimo senso dell’umorismo. Non ed Ursa lo venerano. Lui non cerca scontri e disaccordi, vuole solo un’ammirazione ed un’obbedienza incondizionate.»

«Non voglio che sia un personaggio molto sfaccettato. Dev’essere prevedibile. Non ha rispetto per nessuno.» In seguito, Stamp ha raccontato che ama sbraitare all’improvviso “Inchinati davanti a Zod!”, frase caratteristica del personaggio, per spaventare scherzosamente i fan che lo fermano per strada.

Ursa ha invece il volto affilato e il corpo sinuoso di Sarah Douglas. «Lei è davvero crudele», ha raccontato l’attrice. «É parte di lei, è il suo tratto distintivo. Non fa nulla per negarlo. Ma credo che vi sia un’innocenza infantile al suo interno. La curiosa innocenza con cui scopre i suoi nuovi poteri.»

Il mastodontico Jack O’Halloran interpretava Non. Anche se l’attore aveva un’indole molto mansueta, la sua mole e il suo aspetto minaccioso incutevano soggezione nella troupe. Stamp si divertì a sdrammatizzare imbastendo dei veri e propri siparietti con lui nel quale lo sgridava impartendogli degli ordini. O’Halloran correva allora da lui a capo chino mormorando: «Sì, generale. Sì, generale.»

L’aspetto più interessante del sequel è l’evoluzione del rapporto tra Superman e Lois. La produzione si trovò d’accordo nel correre un rischio spingendosi oltre la trama del fumetto e portando la storia d’amore su un livello più alto. Christopher Reeve dichiarò: «Sento più affinità con Clark. La sua condizione è più universale. Penso che il dilemma di voler rivelare chi sia davvero e l’incapacità di farlo siano più identificabili. Qui Superman scopre come l’amore possa cambiarlo.»

Lois e Clark si recano alle cascate del Niagara per un servizio. Lei inizia ad avere dei sospetti sull’identità segreta del collega e rischia il tutto per tutto per smascherarlo. Qui il film di Lester si dimostra più debole rispetto alla versione di Donner. Lois si lancia nelle cascate aspettando che Clark si riveli per salvarla. L’eroe salva capra e cavoli ma un banale incidente in camera d’albergo lo smaschera definitivamente.

Una versione scialba, lenta e priva di mordente. Donner aveva deciso di aprire Superman II con la scena di Lois che si lancia da una finestra della redazione del Daily Planet. L’epilogo era lo stesso ma la scena aveva più ritmo, la gag era molto più divertente e si avvertiva di più il sapore del fumetto.

https://youtu.be/K9rKe-r9EsU

Proprio la scena in cui Lois smaschera Clark era quella che stava più a cuore a Donner. Christopher Reeve e Margot Kidder l’avevano girata per un provino che risulta l’unica testimonianza filmata di quella versione. La bella giornalista, sicura che Clark sia Superman, gli spara con una pistola. Illeso, Clark è costretto a rivelarsi. La bella reporter dichiara allora di aver bluffato usando una pistola a salve. Una scena geniale che contiene tutto il rapporto tra i due personaggi.

Fa il suo ritorno anche Lex Luthor che evade dal carcere, riesce a trovare la Fortezza della Solitudine scoprendo i segreti del suo nemico e decide di stringere un accordo con il generale Zod per uccidere Superman. «Mi piace apparire giocoso anche se nella sceneggiatura è scritto che lui è cattivo», ha dichiarato Hackman sul suo personaggio. «Non so come fare davvero il cattivo. La mia esperienza di attore mi dice che non puoi interpretare solo ciò che è dentro di te. Se reciti così appare falso o bidimensionale. Non mi metterò a sogghignare con la gente che mi sibila contro. Se Luthor è malvagio verrà fuori dal suo comportamento.»

Superman e Lois si recano nella Fortezza per una serata romantica, isolati dal resto del mondo ed ignari che Zod, Non ed Ursa stiano conquistando il pianeta sbaragliando le nostre forze militari ed insediandosi alla Casa Bianca. Mettere Superman e Lois a letto insieme era un rischio altissimo, c’era il pericolo di urtare la suscettibilità dei puristi del fumetto e di turbare i bambini. Tuttavia il modo equilibrato con cui viene presentata l’immagine di Clark e Lois teneramente abbracciati a letto e vedere l’Uomo d’Acciaio innamorato non turbò affatto il pubblico.

Nelle scene ambientate nella Fortezza erano previsti alcuni dialoghi con la registrazione di Jor-El ma inserire le riprese con Marlon Brando, peraltro già girate, sarebbe risultato molto costoso. Venne così richiamata Susannah York nel ruolo di Lara. Anche se il contenuto dei dialoghi è lo stesso, con Superman che dichiara di voler rinunciare ai suoi poteri per poter stare con Lois, l’approccio dei due genitori è differente. Lara è più dolce e comprensiva mentre, nelle scene eliminate, Jor-El è più severo e tenta invano di richiamare il figlio all’ordine per perseguire scopi più alti a scapito dell’egoismo individuale.

Quando Clark si rende conto dell’errore commesso e torna indietro per tentare di riottenere i suoi poteri, la versione di Lester lascia tutto in sospeso e ci fa solo intuire cosa stia per accadere. Donner aveva invece girato una scena molto più profonda, esplicativa e toccante con Jor-El che sacrificava le ultime energie della Fortezza per redimere il figlio e chiudere così il cerchio della profezia kryptoniana: “Il figlio diventa il padre ed il padre diventa il figlio.” Un momento splendido che porta magnificamente a compimento il ruolo di Jor-El nella storia.

La parte più spettacolare della pellicola è la battaglia a Metropolis tra Superman e i tre supercriminali. Il reparto scenografico, guidato da Peter Murton, che ereditava il lavoro di John Barry, impiegò 4 milioni di dollari per ricostruire nei minimi dettagli la 42^ strada di New York ai Pinewood Studios di Londra.

Per le riprese dall’alto della città, si ricorse invece a dei minuziosi modellini assolutamente realistici. Venne anche messa a punto una rivoluzionaria macchina da presa che stava sospesa e poteva effettuare movimenti di affondo e rotazione per simulare il volo. Era anche in grado di proiettare e girare contemporaneamente.

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Lo scontro finale nella Fortezza della Solitudine presenta probabilmente la differenza sostanziale tra la visione più leggera di Lester e quella più realistica di Donner. La scena scartata prevedeva un dialogo carico di tensione tra Superman, Zod, che minaccia di uccidere Lois, ed un ambiguo Lex Luthor. Lester realizzò invece un nuovo combattimento tra l’Uomo d’Acciaio e i suoi avversari con uno sfoggio di poteri pacchiani e campati per aria. Si inizia con l’eroe che lancia una grossa “S” di cellophane contro Non, prosegue con i tre malvagi che sparano raggi dalle dita e si conclude con Superman che riesce a moltiplicarsi in tante versioni fittizie.

La risoluzione della battaglia, però, rimane la stessa con l’Uomo d’Acciaio che supera i tre avversari in astuzia facendo leva sul doppiogiochismo di Luthor. Un trionfo esaltante considerato ancora oggi uno dei momenti più alti dell’epica di Superman.

Nel periodo in cui i due film venivano realizzati in contemporanea, Donner aveva previsto di utilizzare la scena di Superman che riporta indietro il tempo come espediente per cancellare la memoria a Lois al termine del secondo capitolo ma i problemi di produzione lo spinsero ad utilizzarlo nel primo.

Lester inventò così un bacio magico, altrettanto improbabile ma tematicamente azzeccato, in linea col romanticismo del film. Il messaggio è chiaro. L’eroe prende coscienza della responsabilità comportata dai suoi poteri e rinuncia all’amore.

L’epilogo, che vede Superman portare la bandiera a stelle e strisce alla Casa Bianca, suscitò qualche polemica perché considerato troppo americanista. «Non ho mai pensato a Superman come a uno strumento di propaganda», giustificò Christopher Reeve. «Sarebbe potuto atterrare in Russia, Alaska o Tibet ma avrebbe sempre lottato per gli stessi valori. Avere una figura leale ad una causa ci permette di usare un finale come quello che abbiamo realizzato.»

Sul set, Reeve occupava le pause imparando dai tecnici l’uso della macchina da presa e i segreti degli effetti visivi. L’attore apprezzava molto di più le troupe inglesi che conoscevano poco Superman rispetto ai colleghi americani ed erano meno critici e supponenti nei riguardi della sua interpretazione.

Nonostante i cambiamenti nei reparti artistici, la postproduzione non ebbe problemi. John Williams non poté curare le musiche del film ma si dichiarò felice che avessero deciso di mantenere il suo tema riarrangiato mirabilmente da Ken Thorne.

A causa degli screzi con la produzione e del licenziamento di Donner, molti attori non presero parte al tour di anteprime mondiali. Margot Kidder, sempre la più sfacciata, dichiarò nei confronti dei produttori: “Non meritano neanche di essere disprezzati come esseri umani.” e finì in prima pagina sul magazine Time Out.

Il primo film era uscito senza concorrenza ed aveva incassato 82 milioni di dollari. Il sequel uscì nell’82 contro I Predatori dell’Arca Perduta di Steven Spielberg ed incassò 65 milioni di dollari. «Senza concorrenza avrebbe incassato più del primo capitolo», ha affermato il produttore Ilya Salkind.

Nel 2006, su insistenti richieste dei fan, la Warner ha permesso a Donner di rimontare il film secondo la sua visione, restaurando la pellicola inutilizzata e ricorrendo ai provini filmati. Superman II Richard Donner’s Cut è uscito solo in dvd, gli effetti speciali risultano inevitabilmente dozzinali ma il regista ha potuto finalmente fornire la sua interpretazione, molto più coerente al primo capitolo, e chiudere una ferita personale ed artistica rimasta aperta per quasi trent’anni.

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