Recensione: O.M.A.C. di John Byrne

Pubblicato il 19 Agosto 2011 alle 10:54

O.M.A.C.

Autore: John Byrne (testi e disegni)
Casa Editrice: Planeta De Agostini
Provenienza: USA
Prezzo: € 10,95, 16,8 x 25,7, pp. 192, b/n

Negli anni sessanta, il Re Jack Kirby era il disegnatore più amato e popolare degli Stati Uniti, grazie agli splendidi lavori realizzati per la Marvel. Non che prima Jack non fosse un nome di primo piano del comicdom; però è indubbio che, ancora oggi, il penciler è ricordato per Fantastic Four, Mighty Thor e altri eccezionali esiti creativi. Di conseguenza, quando, per disaccordi con Stan Lee e insoddisfazioni economiche, Jack, all’inizio dei settanta, lasciò la Casa delle Idee per andare alla DC, quest’ultima lo accolse a braccia aperte.

E per la DC Kirby realizzò la celeberrima ‘Saga del Quarto Mondo’, monumentale affresco supereroico dai toni fantascientifici e fantasy che comprendeva ottimi serial come New Gods, Mister Miracle, Forever People e Superman’s Pal Jimmy Olsen. Anche se, con il senno di poi, non si dimostrarono bestseller, furono importanti e molti dei personaggi che vi apparvero vennero in seguito utilizzati da numerosi autori. E anche opere all’epoca considerate minori, come Sandman e Kamandi, se ben analizzate, non sono trascurabili.

E tra esse non si può non citare O.M.A.C., un comic-book che Jack inventò proprio durante il suo profilico periodo alla DC, imperniato su un superessere aggressivo e sicuro di sé coinvolto in vicissitudini di chiara impronta fantascientifica. Come nel caso degli altri mensili, O.M.A.C. (che significa One Man Army Corps) non durò a lungo ma costituì un tassello importante della straordinaria carriera kirbyana.

Venendo agli anni ottanta, si può affermare che John Byrne, dal punto di vista della popolarità, occupava una posizione analoga a quella di Jack nei sessanta. Si era fatto conoscere con Marvel Team-Up e altri comic-book, spesso in coppia con Chris Claremont. Ma il vero successo gli arrise, insieme a Chris, proprio quando disegnò gli episodi più celebrati di Uncanny X-Men, quelli che consentirono al mensile di diventare il fumetto più venduto in America. La sua run di Fantastic Four, inoltre (dove, per giunta, cercò di rielaborare, riuscendoci, molte delle intuizioni kirbyane), costituì la sua consacrazione.

Byrne, prolifico almeno quanto Kirby, si occupò pure di Alpha Flight e, per un breve periodo, di Incredible Hulk. Tuttavia, i dissapori con l’allora editor in chief della Marvel, Jim Shooter, lo convinsero a lasciare la casa editrice e andare a lavorare alla DC. Se ci riflettiamo, quindi, la carriera byrniana presenta analogie con quella di Jack. E se questi, una volta alla DC, si occupò, come primo incarico, di un serial collegato a Superman, e cioè il comic-book di Jimmy Olsen, Byrne prese le redini proprio delle serie dell’Uomo d’Acciaio, facendo ripartire dall’inizio la storia di Clark Kent, in linea con le istanze post-Crisis. I lettori ebbero modo, perciò, di leggere con ammirazione la miniserie Man of Steel, nonché i mensili regolari Superman e Action Comics versione Byrne.

Occupandosi di Clark Kent, Byrne ebbe l’opportunità di giocare con personaggi di Kirby: per esempio, i Nuovi Dei o il demone Etrigan e, quando annunciò una miniserie dedicata a O.M.A.C., pochi si stupirono. Ma alla sua uscita essa costituì un’autentica sorpresa per i fans del penciler, poiché realizzata in un periodo in cui incominciava a sperimentare nuove strade espressive.

Pur essendo un fumetto supereroico, O.M.A.C., almeno per gli standard del momento, era anomalo: la storia era piena di sesso e violenza. Certo, se la paragoniamo alla linea Vertigo, potrebbe sembrare normale. Tuttavia, l’eroe si fa coinvolgere in situazioni che in effetti sono erotiche, con nudità lievemente accennate; e, per ciò che concerne le sequenze di lotta, non mancano uccisioni efferate, con particolari di solito non riscontrabili nei fumetti mainstream.

Inoltre, Byrne sperimentò pure con il disegno. O.M.A.C. è in bianco e nero e la scelta fu consapevole. Per rendere più suggestivo l’aspetto visivo dell’opera, il penciler usò una speciale inchiostratura in modo da creare un effetto retinico, quasi tipico delle incisioni, con  interessanti giochi d’ombra, peraltro adatti all’atmosfera cupa e drammatica della story-line (al suo ritorno alla Marvel, Byrne riproporrà questa tecnica, però a colori, in alcuni episodi di Sensational She-Hulk e West Coast Avengers).

Byrne rispetta la psicologia e le caratteristiche originali del personaggio, delineando una vicenda fantascientifica nei toni, con fluttuazioni spazio-temporali e molte trovate fantasiose (a un certo punto, appaiono addirittura Adolf Hitler ed Eva Braun, per giunta in un contesto che allude al sesso) che rendono a tutt’oggi O.M.A.C. una delle opere più originali di Byrne. Sarebbe bene, quindi, recuperare questa chicca per conoscere un character minore, ma intrigante, del DC Universe, e che piacerà indubbiamente agli estimatori di Byrne e della science-fiction.

Voto: 8

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