I Guardiani del Louvre: il lato contemplativo dell’arte secondo Jiro Taniguchi [Recensione]

Pubblicato il 4 Agosto 2016 alle 11:20

Uno dei più premiati autori giapponesi in Europa ci regala una riflessione onirica e contemplativa sull’arte occidentale e orientale, scegliendo come punto di partenza uno dei musei più famosi del mondo: il Louvre.

Tutto inizia nel maggio 2013, a Parigi, la Ville Lumière che ognuno di noi dovrebbe visitare almeno una volta nella vita. Purtroppo il protagonista di I Guardiani del Louvre, alter-ego di Jiro Taniguchi, rischia di non visitarne nemmeno un pezzetto: convalescente dalla febbre, decide di dedicare i suoi ultimi giorni da turista visitando il Louvre, un vero e proprio labirinto di opere d’are e di tanti, tantissimi turisti.

Entrando in uno stato mentale a metà strada tra la realtà e il sogno, il protagonista si ritroverà improvvisamente solo, con l’unica compagnia dei guardiani del Louvre e di una donna vestita di rosa, appartenente ad un’epoca passata: è lo “spirito” della Nike di Samotracia in persona, che si offre di guidarlo tra i corridoi e le sale del museo.

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Il protagonista incontra la Nike di Samotracia

La Nike, però, non è l’unica guida: la coscienza e i desideri del protagonista sono infatti il filo conduttore dei cinque capitoli che compongono il fumetto, e lo aiuteranno a riscoprire il Louvre non come affollata meta turistica ma come tempio dell’arte di ogni epoca. La Nike ha assistito a buona parte della vita del museo e ne condivide alcuni dei momenti salienti con lui, accompagnandolo nelle epoche che maggiormente lo interessano.

L’alter-ego di Taniguchi è un estimatore di Jean-Baptiste Camille Corot, pittore paesaggista del XIX secolo che, all’interno del fumetto, rappresenta anche un punto d’incontro tra l’arte europea e quella giapponese.

Le visite insolite del protagonista, infatti, permettono di sottolineare e approfondire come l’arte giapponese abbia influenzato quella europea e viceversa, specialmente con l’avvento degli Impressionisti e dei Post-Impressionisti: non a caso lo stesso Vincent Van Gogh confida al protagonista di avere appeso nella sua stanza la riproduzione di alcune stampe giapponesi.

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Il protagonista all’interno del Louvre, completamente vuoto.

Questo confronto tra il mondo giapponese e quello occidentale è presente anche con un breve riferimento alla biografia del protagonista: quest’ultimo, proprio all’inizio della storia, afferma di essere appena stato al Festival del Manga di Barcellona. In I Guardiani del Louvre, quindi, si accenna ad un evento europeo dedicato al fumetto giapponese, mentre il protagonista giapponese approfondisce l’arte francese.

Il fumetto evidenzia il fatto che un dialogo tra arte occidentale e orientale è stato possibile e continua ancora ad esserlo: le due culture sono sì profondamente differenti, ma proprio per questo l’una subisce il fascino dell’altra.

Il tema principale del fumetto, però, consiste in una concezione dell’arte considerata come guida ed espressione delle nostre emozioni e dei nostri desideri, tant’è che il protagonista riesce ad interiorizzarla a tal punto da riuscire ad incontrare, durante i suoi viaggi onirici, personalità come Van Gogh, Corot, Antoine Saint-Exupery e Asai Chū (artista giapponese del XIX secolo e gran estimatore dell’arte occidentale), comprendendone lo spirito.

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Il protagonista entra al Louvre per la prima volta.

I Guardiani del Louvre vuole essere un tributo all’arte e, per questo, non vuole tanto raccontare una storia quanto essere fortemente contemplativo ed intimista. Non è sicuramente il miglior lavoro di Taniguchi e, se si è profani di questo autore, sarebbe preferibile iniziare da altri suoi fumetti.

Ciononostante, I Guardiani del Louvre verrà ugualmente gradito, soprattutto dai malinconici, anche se non amato profondamente: di indubbia bellezza sono, poi, le prospettive acquerellate degli interni e degli esterni del Louvre, per non parlare delle riproduzioni dei quadri di alcuni dei più grandi maestri dell’Ottocento.

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