Attacco al potere 2 – Recensione

Pubblicato il 11 Marzo 2016 alle 23:13

Il Primo Ministro inglese muore in circostanze misteriose e i leader del mondo occidentale si riuniscono a Londra per il funerale. L’evento viene però sconvolto da un terribile attentato terroristico volto all’eliminazione dei capi di Stato e alla distruzione dei luoghi simbolo della capitale inglese. Mike Benning, capo dei servizi segreti americani, deve proteggere ancora una volta il Presidente degli Stati Uniti Benjamin Asher, coadiuvato da Jacqueline Marshall, agente dell’MI-6.

Attacco al potere 2

Trattare un argomento attuale e scottante come il terrorismo, seppure in un prodotto di pura fiction e intrattenimento, è sempre questione piuttosto delicata. Il primo Attacco al potere, diretto da Antoine Fuqua, svolgeva il compito in maniera maldestra dimostrandosi razzista, guerrafondaio e propagandista, congegnato malissimo sul piano dell’action e gravato da pessimi effetti digitali.

Questo secondo episodio scende ancora più in basso. Dopo essersela presa con i nordcoreani, gli sceneggiatori alzano il tiro e fanno di tutta l’erba un fascio. Stavolta, infatti, i cattivi vengono da tutto il medioriente. Tanto per mettere le mani avanti, la produzione ha deciso di affidare la regia ad un iraniano, lo sconosciuto Babak Najafi, che doveva essere davvero disperato per accettare di dirigere un film del genere. La qualità del prodotto finale ne mette a nudo tutte le carenze tecniche.

L’intenzione è quella di realizzare un buddy movie che riunisce la guardia del corpo Gerard Butler al perfettissimo Presidente Aaron Eckhart. I due personaggi sono monodimensionali e i rispettivi archi narrativi insignificanti. Butler vive solo di battute preconfezionate che funzionerebbero anche se avesse un briciolo del carisma di un Bruce Willis.

Il Vicepresidente interpretato da Morgan Freeman, era trattato come una burletta nell’episodio precedente. In ottica smaccatamente repubblicana, era chiaro il riferimento ad Obama, il leader nero che sfigura di fronte al Presidente biondo e col mascellone. Qui Freeman riesce quantomeno a salvare la faccia e a conservare la dignità nonostante sia al centro di alcune scene di raccordo che non interessano a nessuno. Reduce dal giuramento alla Costituzione sbraitato nel primo film con un fanatismo terrificante, Melissa Leo risulta qui totalmente inutile. Charlotte Riley viene gettata nella mischia solo per necessità di un comprimario femminile ma viene tenuta in disparte fino all’epilogo.

Il regista se la sbriga con qualche brutta esplosione, scene d’azione coreografate senza idee e dirette male. Per il resto, il film è tutto un manifesto di bassa propaganda. La tortura ai terroristi viene presentata come uno sfizio divertente, tutti sono pronti ad immolarsi per il Presidente e la bandiera ed è immancabile il pistolotto “noi contro di voi” di Butler durante lo scontro finale. E se i mediorientali sono tutti cattivi, gli europei sono tutti impreparati alla minaccia e solo l’eroe a stelle e strisce ci può salvare. Le americanate possono essere divertenti, gli americanismi no.

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