The Secret #1 – Il fattore cigno nero – Giuseppe Di Bernardo – recensione

Pubblicato il 14 Aprile 2011 alle 14:12

The Secret 1 –  Il Fattore cigno nero

Casa Editrice: Starcomics
Provenienza: Italia
Autori: Giuseppe Di Bernardo (sceneggiatura), Da Sacco, Statella e Piacentini (disegni), Lupacchino e Guadagni (Copertina).
Prezzo: 2,70 – 96 pp. – b/n – formato 16×21
Recensione


Ormai è già un po’ che il fumetto italiano di larga diffusione vive di miniserie, più o meno di successo,  oltre che più o meno ben fatte.

La Star Comics, in verità, ha al suo attivo dei buoni risultati.

Mi riferisco a Cornelio, delitti d’autore (sempre ideato da Di Bernardo, così come L’insonne) o a Valter Buio (che, con tutto l’amore che gli porto, trovo che si sia incartato nel finale).

Anche con The Secret il primo passo è decisamente positivo.

Il volume iniziale si apre subito con un’idea interessante, una suggestione che da il nome all’albo: “il fattore cigno nero”, una sorta di componente entropica del mondo, un evento che possa minare le certezze degli esseri umani e farle cadere come castelli di carta…

Si fa un gran parlare di poteri occulti, di governi ombra etc., spesso a sproposito, ma a voler riflettere sui temi che questa serie si propone di affrontare, possiamo e dobbiamo farci trasportare in una serie di riflessioni sul ruolo dell’essere umano e sul concetto di “libertà” che con lui viaggia attraverso i secoli.

L’ambientazione è contemporanea, e la trama, con i suoi misteri svelati quanto basta per far incuriosire, ma non abbastanza da diventare scontata, ricorda i bei tempi andati di Lazarus Ledd, anche se The secret è decisamente incentrata sulla sci-fi: per dirla come in America: Incontri ravvicinati del terzo tipo meets Matrix.

Tuttavia anche gli abusati temi delle cospirazioni internazionali e degli “extraterrestri” sono trattati non con superficialità, come quelle storie in cui vengono sciorinati una serie di luoghi comuni privi di un qualsivoglia approfondimento ma invece i riferimenti sono ben circostanziati, ed attingono ad un buon numero di fonti diverse, letterarie, folkloristiche, reali o cinematografiche (pur senza arrivare al dettaglio di Martin Mystère, sia chiaro). Ad esempio gli amanti della cultura giapponese non potranno non aver colto, nel primo volume, il riferimento, nella scena del bar (non aggiungo dettagli per non spoilerare) al racconto zen della tazza piena, per l’occasione mutata in bicchiere di whiskey: citare reinterpretando è una tecnica davvero apprezzabile.

Il protagonista, Adam Mack, ricorda così tanti personaggi insieme da risultare completamente originale. E’ certamente un antieroe sia nei modi che nell’aspetto, ma è caratterizzato a tutto tondo, con molte sfaccettature di un carattere non ancora perfettamente inquadrabile e con un passato volutamente lasciato in sospeso, dunque con ottime possibilità di approfondimento e di crescita.

E soprattutto non perché è il primo attore vuol dire che qualsiasi cosa gli debba essere facile, o andare per il verso giusto, anzi…

Il resto dei comprimari andranno valutati nel corso delle pubblicazioni, ma mi sento di dire che l’abilità sta nel riuscire a cominciare a creare affezione già dall’inizio, pure per personaggi conosciuti e persi nel primo volume (non faccio nomi per non rovinarvi la sorpresa): la rapidità nell’empatia è sinonimo di una narrazione coinvolgente.

Se proprio vogliamo trovare un’imperfezione, questa è l’antagonista, il quale “langue”, nel senso che ha un fascino minore di quello che gli si vorrebbe attribuire, anche se, a dire il vero, non ha avuto probabilmente, ancora, la giusta visibilità.

Tecnicamente la sceneggiatura, pur tradizionalissima per quanto riguarda la disposizione delle vignette, è orchestrata molto bene, con i giusti tagli, flashback, digressioni ed altri espedienti cinematografici che spezzano qualsiasi possibilità di ricadere nella monotonia.

Anche il disegno, grazie alla novità di giustapporre autori diversi (bello è il passaggio dal mondo reale al “mondo nella mente” verso la fine del primo volume), pur essendo di tratto semplice e chiaro, non cade nella monotonia.

Special guest alle copertine la bravissima Emanuela Lupacchino la cui notorietà anche a livello internazionale è certamente meritata.

Ci troviamo davanti ad una nuova pubblicazione da parte di autori italiani giovani, determinati e capaci e che, ad avviso di uno che continua a sperare nel risollevarsi della produzione nazionale, vanno tributati della giusta attenzione.


Voto: 7

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