Recensione Batman n.45: l’assenza che non ti aspetti

Pubblicato il 12 Febbraio 2016 alle 11:55

Dopo gli eventi narrati nello story-arc “End Game” la scomparsa di Batman lascia un vuoto a Gotham City. Toccherà a qualcun altro vestire i panni (iper tecnologici) del Cavaliere Oscuro. Ma forse non è Bruce Wayne il personaggio di cui sentiamo di più la mancanza.

E’ finalmente uscito anche in Italia l’albo di Batman che segna l’inizio del nuovo arco narrativo (proposto ancora da Scott Snyder e da Greg Capullo), nonché dell’ennesimo restyling voluto da casa DC, forse il più discusso.

Se infatti per alcuni eroi il cambiamento è stato minimo, come nel caso di Flash, dove il Velocista Scarlatto si è visto semplicemente colorare lo sfondo dello stemma col fulmine di rosso (alla pari della sua controparte televisiva), per altri la trasformazione è stata più evidente, come per Superman, ritornato in jeans e maglietta, mentre al Crociato Incappucciato è toccata la mutazione più sconvolgente: armatura iper tecnologica e nuovo eroe dietro la maschera.

L’albo numero 41 (il 45 in Italia) ci propone un salto di due mesi rispetto agli eventi narrati nello story-arc “End Game” in cui Joker con un virus ha trasformato in pazzi assassini tutti i cittadini di Gotham City che si sono rivoltati contro chi più amavano: Batman.

Il Cavaliere Oscuro non ha dovuto solo affrontare una miriade di nemici per giungere al Joker, ma anche scontrarsi con l’idea che forse il suo più antico nemico fosse una sorta di essere immortale, sempre presente nella storia della città fin dalle sue origini.

La battaglia decisiva, avvenuta nelle profondità della città, ha liberato Gotham City dal Pagliaccio, ma l’ha privata anche del suo eroe.

La città del pipistrello però ha bisogno di Batman, anche se di uno nuovo.
Geri Powers, la nuova proprietaria della Wayne Enterprises, collabora con la polizia di Gotham City al reclutamento e all’addestramento di altri potenziali Batman.

L’idea di fondo è quella di avere un Batman rappresentante della legge (e non più al di sopra) che sia contemporaneamente un simbolo di speranza per i cittadini e anche un esempio per gli agenti di polizia. E tutto ciò senza sforare il budget.

Dopo un’attenta riflessione si capisce che ci sarebbero agenti più belli, forti e adatti di Jim Gordon, ma che nessuno sarebbe stato alla sua altezza.

Il commissario accetta con qualche riserva iniziale, ma alla fine entra nell’armatura iper tecnologica costruita per sopperire all’abilità combattiva, tecnica e tattica del Crociato Incappucciato originale.

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Con il presupposto di mandare in pensione Bruce Wayne, Dick Grayson impegnato in una serie tutta sua e Damian Wayne deceduto (e poi resuscitato), Jim Gordon pare essere davvero l’unico volto abbastanza conosciuto (e amato) affinché la transizione voluta da casa DC passi il vaglio dei lettori devoti al Cavaliere Oscuro.

La logica dei personaggi del fumetto (per voce di Geri Powers) è interpretabile nell’esigenza di avere al posto di comando un uomo di certa e risaputa rettitudine morale, evitando spiacevoli inconvenienti di “servizi deviati” e, allo stesso tempo, di posizionare in cabina di pilotaggio l’individuo, dopo Batman, che conosce meglio ogni angolo di Gotham City.

L’identità del nuovo eroe sarà nota solo ad una stretta cerchia di individui, tra cui il commissario Bullock, sempre palesemente contrario ai vigilanti, il quale smania dal ritrovare il Crociato Incappucciato originale per restituire al suo amico poliziotto il suo vero ruolo e liberarlo da quel pesante fardello.

La trama di Superpesante, titolo della storia di questo Batman, ci mostra l’ennesimo lavoro di squadra in backstage a supporto del protagonista che le prende a destra e a manca prima di capire come sconfiggere il nemico.

Ed è proprio quando questi sorprende tutti, comprendendo come dover agire per uscire vittorioso, che vediamo in lui un Batman. Non a caso è in quella scena che si spoglia dalle vesti di quella specie di “Dark Iron Man” per vestire panni più noti e anche più attillati che ci fanno chiedere se dietro quella maschera ci possa essere davvero il quarantaseienne commissario Gordon.

4623935-b5Lì è lo stesso Jim Gordon a chiedere al lettore se in quelle vesti ci è più congeniale.
Lì capiamo come davvero Batman non sia altro che un simbolo e che l’identità dell’uomo dietro la maschera sicuramente potrà arricchire la storia, ma di certo non potrà sminuirla.

Tuttavia, seppur gli autori riescono nell’impresa di convincerci di questo e accettare la scomparsa di Bruce Wayne, non riescono a fare altrettanto per sopperire alla mancanza di un personaggio a cui nessuno aveva badato sin dall’inizio della storia: Jim Gordon.

Il commissario Gordon è infatti uno dei personaggi più iconici del mondo del fumetto.
Lo abbiamo sempre conosciuto come un uomo giusto e retto il quale, seppur inizialmente in disaccordo con i metodi del Cavaliere Oscuro, aveva capito e fatto capire come Batman poteva essere un alleato e non un nemico. Jim Gordon ha rappresentato da sempre la parte pura e ideale della legge e vederlo spogliato e travestito ci fa mancare l’aria.

I flashback che ci mostrano quando indossava “semplicemente” le vesti del commissario Gordon non fanno altro che farci notare ancora di più quanto per noi (e all’interno dell’equilibrio di Batman) fosse fondamentale, ponendo l’attenzione sui suoi simboli: l’impermeabile, i capelli, gli occhiali e i baffi.

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L’impermeabile (la cui la storia è stata narrata proprio recentemente nella story-arc Anno Zero) è lasciato appeso con un post-it scritto da Bullock (dopo una scena in cui quest’ultimo faceva riferimento proprio all’impermeabile in quanto simbolo), il quale viene dunque investito del ruolo che era del commissario Gordon.
I capelli sono rasati e si fa riferimento al passato di marine del protagonista.
Gli occhiali non sono più necessari: per svolgere le sue nuove mansioni di Cavaliere Oscuro il nostro commissario ha dovuto correggere la vista con il laser.

Ma la cosa che ci manca di più sono i baffi e infatti questi sono così importanti per la caratterizzazione del personaggio che per rendere ancora più evidente la loro assenza non vi è dedicata né una scena né una battuta.
Insomma, vedere Jim Gordon denudato dei suoi simboli e catapultato in una nuova veste è la cosa che ci fa piangere più il cuore. A confronto, la (temporanea?) assenza di Bruce Wayne è una bazzecola.

Per fortuna l’ultima scena dell’albo, in cui un uomo pare riconoscere Bruce Wayne barbone seduto su una panchina, sembra promettere di rimettere presto le cose a posto.

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In conclusione, il primo numero del nuovo story-arc narrativo di Snyder e Capullo è sicuramente un albo difficile da digerire per i fan del Cavaliere Oscuro. Spietato nel portarci via uno dei nostri personaggi più amati e non si tratta di Bruce Wayne, bensì del commissario Gordon, snaturato dei suoi tratti caratteristici e travestito per cause di forza maggiore.

Tutta la parte del “cammino dell’eroe” è saltata ed ignorata. Jim Gordon diventa Batman per esigenza e per obbedire ad “ordini superiori”.

Eppure i due autori riescono a non rendere banale questa trasformazione, né a sminuirne le motivazioni, rappresentandola non per mezzo della conquista di alcune doti (la forza, la tecnica, la tattica, o i poteri come è stato per molti eroi), ma piuttosto attraverso un processo di elisione.

Perché sotto l’impermeabile, i capelli, gli occhiali e i baffi c’era già un eroe.
Jim Gordon era già Batman.

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