Life Zero: il comic book di Vietti e Checchetto – RECENSIONE

Pubblicato il 26 Ottobre 2015 alle 00:00

Panini Comics porta sugli scaffali del Bel Paese il nuovo progetto di Stefano Vietti e Marco Checcetto: tragedie familiari, famiglie spezzate, tanti zombie, tanto sangue e un’occhiolino strizzato a Stephen King.

Nescis quid vesper serus vehat;
– Marco Terenzio Varrone

Non possiamo sapere cosa ci riserverà il futuro. Questo è il significato della frase simbolo di Life Zero, una citazione del letterato e scrittore romano che, tradotta letteralmente, sarebbe “Non sai cosa porti la sera inoltrata”.

Già il fatto che “la sera” sia una metafora per riferirsi al futuro, dimostra come l’avvenire sia oscuro e misterioso e inconoscibile. Se poi il tutto viene applicato ad un’apocalisse zombie, la cosa si fa ancora più interessante e, perché no, piuttosto macabra.

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Stefano Vietti (Nathan Never, Dragonero) e Marco Checchetto (Spider-Man, Punisher) fondono sapientemente l’action e l’horror in una spirale crescente di violenza che permea l’intera opera dalla prima all’ultima pagina.

Una misteriosa nube (elemento che ricorda e cita uno dei racconti più celebri del maestro dell’horror, Stephen King) è calata sulla città e, prima di spostarsi verso nord, ha trasformato chiunque ne sia entrato in contatto in famelici zombie mangia-uomo.

Il leader di una task force militare si trova in prigione durante l’inizio dell’apocalisse, e la sua squadra viene riunita dalla sua ex moglie per liberarlo. L’obiettivo di Derek è uno soltanto: rintracciare sua figlia Hanna e salvarla dalla morte che si aggira per le strade.

Un po’ banale, forse, ma il punto forte di ogni storia è il modo in cui viene raccontata. E quella di Life Zero è raccontata in maniera magistrale.

La sceneggiatura è un colpo di pistola sparato senza esitazione. Una coltellata che entra ed esce lasciando una ferita profonda. La componente emotiva è solo suggerita e abbozzata in questo primo episodio, e nel raccontarci le vicende passate del gruppo di soldati e del protagonista, Derek, Vietti lascia esche e indizi una vignetta qui e una là, con il sapiente intento di prendere il lettore e catapultarlo all’interno di un mondo che è si il nostro, ma completamente distorto.

C’è Checchetto, poi, che impreziosisce ogni tavola, ogni pannello e ogni inquadratura con la sua arte meravigliosamente realistica. Il livello di dettaglio è assurdamente perfetto, dai particolari di una strada devastata alla la bellezza di un volto, passando per il senso di disgusto suscitato da ogni viscera, da ogni pezzo di cervello che esplode.

Andres Mossa completa il lavoro con i suoi colori. Ogni pagina è un fragore cromatico che fa dell’ambivalenza caldo/freddo-rosso/bianco il suo punto forte. Tutta quella neve, tutto quel sangue, il modo in cui si mischiano sulla pagina e il contrasto che creano e il modo in cui catturano l’occhio del lettore. Un livello qualitativo davvero eccellente.

Non possiamo sapere cosa porterà il futuro.

Quel che è certo è che il presente è orribilmente roseo, e che le premesse per una serie di successo ci sono tutte.

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