Pillole blu, di Frederik Peeters – recensione

Pubblicato il 7 Agosto 2015 alle 11:40

Bao Publishing pubblica in una nuova edizione la celebre opera d’esordio di Frederik Peeters, incentrata sull’amore e sulla paura ignorante che gira attorno all’HIV e all’AIDS.

Per chi ancora non lo sapesse: L’HIV (Human Immunodefiency Virus) è il virus, trasmissibile  tramite scambio di liquidi corporei come il sangue, responsabile dell’AIDS (Acquired Immune Defiency Syndrome), la sindrome da immunodeficenza acquisita che indebolisce le difese immunitarie e aumenta il rischio di malattie infettive.  “Ho l’HIV”: due parole, un unico spauracchio, un oblio da cui si può essere inghiottiti autocommiserandosi o che può essere esorcizzato sapendo cogliere il meglio che la vita può offrire giorno per giorno.

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Tra i fumetti che hanno affrontato in pinta di piedi il tema delle malattie, Pillole Blu di Frederik Peeters, uscito nel 2001 e pubblicato in Italia  già nel 2004 da Kappa Edizioni, è sempre stato elogiato per la delicatezza con cui ha raccontato le ansie e le speranze dei sieropositivi.

Eppure, a giudicare dalla nuova edizione curata da Bao Publishing con l’aggiunta di pagine inedite scritte e disegnate da Peeters, sembra che in Pillole Blu l’HIV sia solo un pretesto narrativo dal forte impatto emotivo, utilizzato per narrare principalmente una bellissima storia d’amore intimista(non a caso l’hiv viene qui descritta come un virus che rende handicappati d’amore).

Sì, perché Pillole Blu è il racconto autobiografico dell’amore tra il fumettista ginevrino Frederik e Cati, una ragazza sieropositiva con un matrimonio alle spalle che ha trasmesso la sua condizione anche al figlio avuto con il suo ex marito.

Conosciuta anni prima durante una festa, Fred sa che una volta venuto a conoscenza della patologia di Cati dovrà fare una scelta da cui non potrà più tornare indietro e che cambierà per sempre la sua vita.

La sua scelta definitiva è quella di rimanere con Cati e il suo bambino, intraprendendo un percorso che dopo le incertezze e i pregiudizi iniziali lo porterà ad abbracciare la fiducia, l’amore incondizionato e quell’ “ammirazione che dà gioia e voglia di offrire il proprio aiuto”.

Con questi presupposti sarebbe stato troppo semplice proporre una storia melodrammatica strappa-lacrime basata sul labile confine vita/morte, ma l’autore non cerca affatto questo: lo stile narrativo fresco e confidenziale, oltre a donare scorrevolezza alla lettura, accompagna ogni tipo di lettore in un viaggio interiore, una riflessione su quanto l’ignoranza terrorizzi e offuschi la mente, e di quanto sia difficile imparare con la spensieratezza prima di tutto ad amare, e poi a comprendere .

Pillole blu è un inno alla vita, ma non dello stesso tipo di quelli falsi ed edulcorati.

C’è un sano ottimismo in tutto quello che fanno Frederik e Cati;  i viaggi in ospedale, l’uso continuo di contraccettivi e di pillole blu e le visite dal medico: queste pratiche, inizialmente viste con timore e preoccupazione vengono progressivamente sdrammatizzate dai protagonisti, che col tempo smettono di dare la colpa a sé stessi o agli altri e accettano gli eventi così come si presentano.

L’HIV non viene vista come come una condanna, ma come un’opportunità per saper apprezzare la quotidianità  e liberarsi da elucubrazioni negative.

Al lungo monologo interiore si alternano dialoghi forti e concisi  e silenzi profondi e riflessivi, che ricalcano la capacità evocativa dell’opera.

Peeters utilizza anche immagini poetiche e particolarmente suggestive: come quella di Fred e Cati seduti su un divano che galleggia in mezzo all’oceano, per simboleggiare il loro isolamento e la tranquillità provati dirante una festa chiassosa; del rinoceronte bianco che cammina per le strade, come emblema dello spauracchio dell’HIV; e di un mammut citazionista,”sarcastico, cinefilo e rapido”, con cui Fred intrattiene un dialogo esistenziale  a metà tra sogno e realtà.

Ad una decina di anni di distanza dall’uscita, l’autore è tornato a mettere mano alla storia, inserendo dopo il finale una serie di mini docu-interviste con titolo “13 anni dopo” a Cati, suo figlio e alla loro bambina con i loro pensieri a fronte degli eventi accaduti.

Le tavole in bianco e nero presentano linee spesse e arrotondate che contornano visi dotati di una buona caratterizzazione espressiva.

Gli sguardi e le espressioni facciali giocano un ruolo importante nel descrivere il comportamento dei personaggi: gli occhioni grandi di Cati sprizzano sempre spensieratezza e gioia di vivere, al contrario delle occhiaie e degli sguardi persi nel vuoto di Frederik, che mostrano più insicurezza e malinconia.

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Paradossale come anche lo sguardo del loro medico curante, che a detta di Frederik aveva un’espressione “calma e distesa”, dimostri più che altro inquietudine e ansia.

Pillole blu è un fumetto ancora attualissimo, non tanto per la questione HIV/AIDS  ( di cui sembra scemata l’attenzione rispetto agli anni ’90), ma per il modo in cui dimostra quanto i preconcetti e le paure ignoranti generate dalla società riescano ad influenzare il pensiero dell’individuo e a fargli dimenticare l’essenzialità della vita.

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