Quando C’era Marnie – La recensione dell’ultimo film Ghibli

Pubblicato il 29 Luglio 2015 alle 12:38

L’amicizia tra la solitaria Anna e la misteriosa Marnie sfida il tempo e la realtà stessa nel lungometraggio di Hiromasa Yonebayashi (Arrietty), il regista erede dello studio e della tradizione Ghibli di Miyazaki e Takahata. In Italia il 24, 25 e 26 Agosto.

Il titolo di questa recensione definisce Quando C’era Marnie (Omoide no Marnie, La Marnie dei Ricordi in originale) l’ultimo film dello Studio Ghibli. Questa affermazione è veritiera al momento, in quanto dall’estate 2014 (quando è uscito in Giappone) ad oggi non sono usciti altri lungometraggi animati, e potrebbe esserlo anche nel lungo periodo: con il ritiro di Hayao Miyazaki, l’età avanzata di Isao Takahata e l’abbandono dello Studio da parte dello stesso regista di Marnie Hiromasa Yonebayashi, è facile ipotizzare che la casa di Totoro non sfornerà in tempi brevi altre pellicole per il cinema; se mai lo farà, considerando che Marnie è stato un insuccesso commerciale incassando un terzo di quanto riuscì a fare Arrietty nel 2010.

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Un’eredità pesante quindi quella che deve portare sulle spalle Quando C’era Marnie, il primo film Ghibli a non avere nei titoli di testa o di coda i nomi di Takahata o Miyazaki, che della prima prova da regista di Yonebayashi, Arrietty, aveva firmato la sceneggiatura. Cosa ne è venuto fuori? Un anime che si allontana dalla stile dei due maestri, più intimo e in tono “minore”, ma che funziona e colpisce.

La storia è quella del romanzo per ragazzi omonimo di Joan G. Robinson, trasferita però con molta abilità (il fatto che Anna abbia questo nome e gli occhi azzurri…) dall’Inghilterra di metà ‘900 al Giappone (più precisamente l’Hokkaido) di oggi. Anna è una 12enne affetta da asma, orfana e dalla personalità ombrosa e solitaria, che vive con una coppia affettuosa di lontani parenti.

La sua unica passione sembra essere il disegno, ma per mantenersi nel suo isolamento autoinflitto evita in ogni modo di far scoprire agli altri quanto sia dotata. Preoccupata per la sua salute (fisica e psicologica), la madre adottiva la manda a vivere per un periodo con una coppia di parenti ancora più lontani in uno sperduto villaggio sulla costa; qui, affacciata sulla laguna, c’è una villa in rovina nella quale Anna incontra Marnie, bionda e apparentemente spensierata ragazza con la quale stringerà un’amicizia complessa e quasi sensuale tra sogno e realtà, con appuntamenti di gioco e pic-nic che forse avvengono veramente o forse sono solo nella sua immaginazione.

La questione dell'”è tutto vero? è un sogno?” non si esaurisce però in modo sterile, un semplice mezzo per far compiere ad Anna una crescita personale. La vita e l’esistenza di Marnie vengono indagate all’interno del film e la ragazza diventa così un personaggio a tutto tondo e non solo una proiezione utile allo sviluppo di Anna; e qui mi fermo per evitare spoiler.

Questa indagine sul mistero Marnie ha inoltre il merito di introdurre un altro personaggio, la giovane Sayaka, incredibilmente Ghibliano: in lei ritroviamo molte delle caratteristiche delle protagoniste create da Miyazaki e che Anna, per precisa scelta, inizialmente non presenta. Anche graficamente, Sayaka è quasi un omaggio alla tradizione Ghibli, praticamente un incrocio tra Mei di Totoro e Tombo di Kiki – Consegne a Domicilio.

Sayaka
Sayaka

Anna, dicevo, non è una protagonista come quelle a cui i film Ghibli (e particolarmente quelli i Miyazaki) ci hanno abituato: anzi, inizialmente è persino difficile riuscire a trovarla simpatica, nonostante vengano chiarite sin da subito le circostanze tragiche che l’hanno resa quello che è.

Ma in definitiva è proprio questo suo essere chiusa e scontrosa a renderla un personaggio interessante man mano che ne scopriamo altri aspetti; la curiosità e la voglia di esplorare di una Kiki o di una Satsuki ci sono, solo nascoste da più timidezza e paura del contatto con altri esseri umani.

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Anna

L’allontanamento di Yonebayashi dai suoi predecessori dello Studio non si registra però solo nei personaggi (sotto questo aspetto, c’è anche da dire che il regista ha con gli adulti un rapporto ancora più problematico di Miyazaki, specialmente con le governanti…); la pellicola mantiene per tutta la sua durata un ritmo pacato e riflessivo privo di quelle “esplosioni” di azione o emozioni tipiche dei film Ghibli: penso alle sequenze travolgenti de La Città Incantata (Sen trascinata nelle sale di Yubaba, il volo sul drago, la trasformazione dei genitori), di Totoro (il viaggio sul Gattobus, la ricerca di Mei), di I Sospiri del mio Cuore (quando viene cantata Country Road). In Arrietty ce ne erano alcune, ma francamente non si può dire che Yonebayashi le gestisse bene.

Non sorprende quindi che qui, libero dall’influenza dei soci fondatori (il regista ha realizzato interamente da solo lo storyboard e la sceneggiatura, ritoccata poi da Keiko Niwa e Masashi Ando) le abbia evitate, scegliendo un tono più costante, misurato e sotto controllo. Peccato che così si perda una parte di quello che rendeva unica l’animazione Ghibli.

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Marnie

Per quanto riguarda l’adattamento italiano, la filosofia di Gualtiero Cannarsi (adattatore dei dialoghi e direttore del doppiaggio, “voce” Ghibli in Italia) e la sua tecnica sono ormai conosciute, e la sua mano si sente anche in Quando C’era Marnie.

I dialoghi sono però più fluidi rispetto ad altre edizioni italiane Ghibli, anche se ogni tanto qualche soluzione scelta per mantenersi fedeli alla lingua giapponese suonerà molto strana (specie in bocca a delle dodicenni) alle orecchie italiane.

marnie hokkaido

Quando C’era Marnie è un anime splendidamente animato e disegnato (stupendi gli sfondi di Yohei Taneda, la laguna sembra viva e muta aspetto con l’alternarsi di notte e giorno e le fasi della marea), con una storia profonda e coinvolgente, dei personaggi ben riusciti e una regia decisamente migliore di quella di Arrietty.

E anche se guardandolo non si riesce a scrollarsi di dosso l’impressione che si tratti di un’opera isolata nel catalogo dello Studio Ghibli, non è giusto criticare qualcosa per quello che non è- e che non aveva intenzione di essere -, ovvero un film di/sullo stile di Hayao Miyazaki. Marnie è Marnie, e ci è piaciuto per questo. Se il futuro dello Studio Ghibli fosse questo, non credo che nessuno avrebbe niente da eccepire.

Quando C’era Marnie uscirà nei cinema italiani, per soli tre giorni, dal 24 al 26 Agosto grazie a Lucky Red.

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