La saga di Resident Evil – “Benvenuti al survival horror”

Pubblicato il 13 Febbraio 2017 alle 22:06

Era il 1996 quando i videogiocatori di tutto il mondo indossarono per la prima volta le divise dei membri della squadra speciale STARS e si addentrarono nella foresta di Raccoon City finendo intrappolati nell’immensa villa Spencer dove li attendevano le orribili creature partorite dall’Umbrella Corporation. Sono trascorsi più di vent’anni e Resident Evil, la creatura videoludica di Shinji Mikami, è diventato un fenomeno multimediale che non conosce sosta. Il mese scorso è uscito il settimo episodio del videogame, questa settimana arriverà nelle sale il capitolo conclusivo della saga cinematografica e a maggio sarà disponibile in Giappone il nuovo film d’animazione in CGI, Resident Evil: Vendetta. Ripercorriamo allora le tappe principali del franchise.

RESIDENT EVIL

Luglio 1998. Nella foresta di Raccoon City si verificano alcuni misteriosi omicidi. I cadaveri recano segni di morsi. Il dipartimento di polizia locale affida il caso al reparto forze speciali S.T.A.R.S.. La squadra Bravo viene inviata ad indagare ma sparisce nel nulla. Una seconda squadra, la Alpha, giunge in soccorso e trova l’elicottero del Bravo Team abbattuto. Il pilota è stato dilaniato, i compagni spariti. Un branco di cani orribilmente scarnificati attacca l’Alpha Team facendo scempio del giovane Joseph. Il resto del gruppo trova rifugio in una mastodontica magione vittoriana. Ha così inizio il primo terrificante capitolo della saga survival horror più amata al mondo.

Il filmato introduttivo, un b-movie con attori scadenti flagellato dalla censura europea, è oggi ritenuto un vero e proprio cult. Il gioco prende spunto dal gameplay di Alone in the Dark, l’antesignano dei survival horror sviluppato dalla francese Infogrames, uscito nel 1992 e capostipite di un’altra fortunata saga. In Resident Evil, il giocatore può scegliere tra due personaggi. Chris Redfield, forte ma pesante nei movimenti, viene assistito da Rebecca Chambers, unica superstite dell’altra squadra, ufficiale medico e membro più giovane della S.T.A.R.S. Giocando con la bella Jill Valentine, veloce ma più vulnerabile, si può usufruire invece dell’aiuto di Barry Burton, veterano del team.

I personaggi poligonali si muovono su sfondi prerenderizzati altamente fotorealistici e di grande atmosfera, amplificata da una colonna sonora tesa e sinistra. I continui cambi d’angolazione dell’inquadratura e i filmati d’intermezzo danno così la sensazione di trovarsi in una vera pellicola horror. La peculiarità principale del gioco è che non ci sono obiettivi immediati, orde di mostri da affrontare subito o suddivisione in livelli. Il giocatore si avventura nell’esplorazione della grande magione e pian piano ne svelerà tutti gli orrori.

Ad aumentare il senso di realismo nell’esperienza di sopravvivenza, i personaggi hanno inizialmente a disposizione un equipaggiamento limitato e possono trasportare solo un certo numero di oggetti lasciando gli altri in apposite casse. Per guarire dalle ferite bisogna procurarsi delle erbe e mischiarle con altre per ottenere medicinali più efficaci, i salvataggi sono limitati e per eseguirli bisogna trovare dei nastri da utilizzare nelle macchine da scrivere poste qua e là nella magione.

La tensione cresce man mano che la storia si evolve. Tra i momenti più terrificanti ed iconici del gioco, l’incontro con il primo zombi che si volta lentamente a guardare il giocatore e i cani che irrompono in un corridoio sfondando le finestre con esplosivi effetti sonori al cardiopalma. Oltre alle evidenti influenze dal cinema di George Romero, il gioco denota citazioni da Gli Uccelli di Alfred Hitchcock, Lo Squalo di Steven Spielberg e alcuni grandi classici dell’orrore, non ultimo Frankenstein.

Esplorando i lugubri ambienti della villa risolvendo puzzle con trabocchetti, i protagonisti rinvengono i cadaveri dell’altra squadra o assistono impotenti alla loro morte e devono vedersela, oltre che con gli zombi, con i rettiloidi Hunter, con squali, serpenti, tarantole e piante carnivore giganti, e con i raccapriccianti insettoidi Chimere. Se Alone in the Dark si rifà ai racconti di Lovecraft tenendo al centro della storia l’elemento esoterico, i mostri di Resident Evil hanno origine (fanta)scientifica, creati dall’Umbrella Corporation attraverso il terribile T-Virus. Nei laboratori sotterranei della villa, Albert Wesker, capitano e traditore dell’Alpha Team, attende di liberare il potentissimo umanoide Tyrant. La storia può sfociare in tre finali alternativi sia che si giochi con Chris che con Jill.

Resident Evil divenne all’istante un grande classico. Tra le varie conversioni, la Director’s Cut per la PlayStation prometteva una versione incensurata del gioco ma la Sony ritirò il benestare all’ultimo momento e i tagli nel filmato introduttivo rimasero. L’ultima versione del gioco in ordine di tempo è Resident Evil: Deadly Silence per Nintendo DS.

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RESIDENT EVIL 2

Circa due mesi dopo gli eventi del primo capitolo, il T-Virus si sparge a Raccoon City che viene così invasa dagli zombi. Il giocatore può scegliere stavolta tra il giovane agente di polizia Leon Scott Kennedy, al suo primo giorno di servizio, e Claire Redfield, giunta alla ricerca di suo fratello Chris, protagonista del primo capitolo, partito per l’Europa con i compagni della S.T.A.R.S. per affrontare l’Umbrella.

Sulla falsariga della saga cinematografica di Romero, se il primo episodio si svolgeva in una casa isolata e i mostri venivano somministrati col contagocce, qui siamo invece nel bel mezzo di una città gremita di morti viventi e i due protagonisti trovano presto rifugio nella grande centrale di polizia in cui il pericolo sarà comunque in agguato. I filmati live del capostipite lasciano qui il posto a sequenze in computer grafica mentre l’aspetto del gioco e il gameplay non cambiano rispetto al capostipite. Ci sono due modalità di gioco. Sostanzialmente si tratta di finire la storia prima con un personaggio e poi con l’altro seguendo eventi paralleli. Nella seconda modalità gli scenari e i personaggi vengono invertiti con le dovute differenze.

Stavolta la trama ha un respiro più ampio con molti personaggi secondari tra cui due giocabili per una breve parte della storia. Il primo è Ada Wong, fascinosa spia asiatica al soldo di Wesker. L’altra è la piccola Sherry Birkin (la possibilità di guidare una bambina per un breve tratto del gioco era possibile già in Alone in the Dark 2), figlia di due ricercatori dell’Umbrella, inconsapevole di avere una fiala del nuovo G-Virus nel ciondolo che porta al collo. Per questo motivo le danno la caccia il nuovo Tyrant T-103, omaggio a Terminator, e suo padre William, creatore del virus, che si trasformerà via via in un orribile mostro. La madre Annette, apparentemente glaciale, tenta di proteggere i suoi cari con tutti i mezzi. Tra gli altri personaggi spiccano Brian Irons, folle e pedofilo capo della polizia, e il giornalista Ben Bertolucci.

Stavolta, a far rabbrividire il giocatore sono i Lickers, umanoidi quadrupedi con cervello e cuore esposti e lunghe lingue guizzanti, dotati di agilità sovrumana e in grado di camminare sui muri. Poi c’è l’embrionale Creatura G e un omaggio alla leggenda urbana del coccodrillo nelle fogne che può essere ucciso come lo squalo di Spielberg. Tra le sequenze action-horror più memorabili, lo scontro con William Birkin sulla funivia sotterranea e la battaglia finale sul treno per lasciare i laboratori dell’Umbrella.

Un gioco mastodontico che perde qualcosa rispetto al primo riguardo le atmosfere claustrofobiche e la tensione ma lo supera sotto il profilo delle dinamiche narrative ed action. Una curiosità: lo spot giapponese del gioco è un cortometraggio live diretto da Romero. Il franchising Resident Evil prende definitivamente il via.

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RESIDENT EVIL 3 – NEMESIS

Uscito appena un anno dopo, Resident Evil 3 si svolge contemporaneamente al secondo capitolo terminando il giorno successivo. La storia stavolta è semplicissima. Jill Valentine, eroina del primo episodio, tenta di lasciare Raccoon City facendosi largo tra orde di zombi. Ancora ad omaggiare Terminator, Il Tyrant Nemesis, programmato per dare la caccia ai membri S.T.A.R.S., la insegue senza sosta armato di lanciarazzi e provvisto di tentacoli.

Jill s’imbatterà in un gruppo di mercenari assoldati dall’Umbrella tra i quali il leale Carlos Olivera è giocabile per una breve frazione della storia. Il gioco è privo della complessità narrativa dei predecessori e si propone di essere semplicemente un action sparatutto, con pochi semplicissimi puzzle e tanta adrenalina. I personaggi possono eseguire nuove mosse, hanno a disposizione nuovi tipi di armi, e si possono creare munizioni con la polvere da sparo. Inoltre, in alcuni momenti cruciali della storia, al giocatore verranno proposte due possibilità di scelta che influiranno sul prosieguo.

L’avventura di Jill si dipana per tutta Raccoon permettendo al giocatore di esplorare l’ormai mitica città visitando i luoghi più caratteristici, dalla stazione di polizia vista nel capitolo precedente, passando per la redazione del Times, l’ospedale, la torre dell’orologio e la cattedrale fino allo stabilimento di smaltimento rifiuti in cui si svolge lo scontro finale.

Resident Evil 3 non raggiunge i livelli dei due predecessori e risulta quasi l’appendice del secondo episodio, tuttavia diventa uno dei momenti fondamentali della saga presentando il destino finale della città, nuclearizzata per ordine del governo.

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RESIDENT EVIL – CODE: VERONICA

Pur supervisionandone la produzione, la Capcom delegò lo sviluppo del quarto capitolo alla Nextech. E’ il primo episodio ad essere realizzato con fondali 3D e a non essere stato prodotto principalmente per una console Sony bensì per la Dreamcast della Sega. Le successive conversioni avranno titolo Resident Evil Code: Veronica X con alcune modifiche e scene aggiunte rispetto all’originale.

Alla ricerca di suo fratello Chris, Claire s’intrufola in un’installazione dell’Umbrella, viene catturata e condotta nel campo di concentramento della corporazione su Rockfort Island che rifà il verso ai lager nazisti con tanto di centro d’addestramento militare e palazzo vittoriano sede dello schizofrenico Alfred Ashford. Rampollo della famiglia fondatrice dell’Umbrella, Alfred si traveste e s’identifica in sua sorella gemella Alexia che si trova invece in stato d’ibernazione in attesa di mutare grazie al nuovo virus T-Veronica e dominare l’umanità. La doppia personalità di Alfred e lo stesso nome sono un omaggio a Psyco e al regista Hitchcock.

Quando Rockfort Island viene bombardata, Claire ne approfitta per fuggire e dovrà affrontare la solita serie di mostri e puzzle, coadiuvata stavolta dal giovane e scontroso Steve Burnside, figlio di un traditore dell’Umbrella e personaggio giocabile per una sezione della storia. I due tentano di lasciare l’isola a bordo di un aereo sul quale devono affrontare il nuovo Tyrant 078 ma Alfred prende il controllo del velivolo e li fa precipitare in una base Umbrella nell’Antartico, ambientazione che riecheggia La Cosa di Carpenter. Qui il nemico più temibile è il Nosferatu, mutazione di Alexander Ashford, padre dei due gemelli.

A metà gioco si prende il controllo di Chris che deve ripercorrere le tracce di Claire risolvendo i puzzle rimanenti su Rockfort Island e affrontando Hunter e nuovi mostri simili ad anguille elettriche giganti. Purtroppo, dover tornare negli scenari già visitati, rende il gioco ripetitivo e, a tratti noioso. Gli enigmi da risolvere si rivelano anche un po’ troppo macchinosi e tendono a rallentare la partita.

Più interessante la parte finale della storia. Steve è un personaggio francamente inutile e si rivela carne da macello. Riuniti Chris e Claire in Antartide, risposta metaforica ai due malvagi gemelli Ashford, c’è la resa dei conti con Alexia. Il fac-simile di Villa Spencer, la magione del primo episodio, e il ritorno di Albert Wesker fanno pensare alla chiusura di un cerchio e ad uno scontro finale. In effetti, Chris e Albert si affrontano in uno spettacolare duello, ahimé non giocabile, con elementi visivi in stile Matrix (uscito appena un anno prima del gioco). L’epilogo lascia le cose in sospeso.

Dopo l’uscita del gioco, qualcuno lo ritiene davvero l’episodio conclusivo (e deludente) della saga. Si parla di un sequel con storia e personaggi completamente diversi. Il senno di poi ci dice che le cose sono andate diversamente e la lunga battaglia di Chris, Leon, Claire e degli altri eroi della serie è ancor oggi ben lungi dall’essere terminata.

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RESIDENT EVIL (Il film)

Giunti ai primi anni del 2000, Resident Evil non è più semplicemente una saga videoludica, che conta peraltro il titolo corollario Resident Evil: Gun Survivor per PS, ma gode anche di trasposizioni fumettistiche e letterarie. Il tanto atteso adattamento cinematografico arriva nel 2002 ad opera dell’inglese Paul W.S. Anderson, già regista del cinevideogame Mortal Kombat. L’approccio di Anderson è molto intelligente, sa di avere a che fare con un pubblico di fan che conosce a menadito l’opera originale e decide di costruire una propria storia con diversi personaggi pur mantenendo ambientazione, elementi horror e suggestioni del videogame.

Se, nel primo episodio videoludico, ci troviamo di fronte ad una casa vittoriana infestata da creature mostruose, un’ambientazione da horror con classici elementi esoterici, per poi scoprire che la causa di tutto sono gli esperimenti dell’Umbrella, Anderson rivolta il guanto mostrando subito i laboratori asettici e ultramoderni della corporazione e la fuga del virus all’interno dell’installazione che prende il nome di Alveare per la sua particolare organizzazione strutturale. La villa, specchietto per le allodole, viene mostrata solo per pochi istanti, quasi un semplice omaggio al gioco. Ma è proprio qui che si sveglia Alice, la protagonista affetta da amnesia e dotata di capacità sovrumane interpretata dalla bellissima attrice e modella ucraina Milla Jovovich.

Con l’alveare infestato da zombi ritoccati in digitale, peculiarità sgradevole che prenderà piede in troppi horror, l’Umbrella invia un commando nel quale si distingue Rain, la tosta Michelle Rodriguez, per disattivare l’autonoma e pericolosa intelligenza artificiale Regina Rossa che assume le sembianze olografiche di una bambina. Tra gli altri personaggi hanno un ruolo fondamentale l’ambientalista Matt, deciso a denunciare l’Umbrella, e Spence, anch’egli preda di amnesia, il cui nome è un omaggio allo Spencer del videogame che dà il nome alla Villa.

Sostenuto dalle musiche di Marco Beltrami e dalle canzoni di Marilyn Manson, il film non è certo un capolavoro ma funziona bene, procede a ritmo sostenuto, con buone sequenze horror, un giallo che tiene fino alla fine e qualche idea memorabile tipo la griglia laser che riduce in brandelli Colin Salmon e che sarebbe poi stata riciclata anche nel videogame. Soluzioni visive con rallenty ancora Matrix-style dettano le scene di combattimento di Alice con i cani zombi, altra vecchia conoscenza dei fan. E quando, nel finale, ci si aspetterebbe il Tyrant, arriva invece un Licker su un treno sotterraneo, entrambi elementi di Resident Evil 2.

Costato 33 milioni di dollari, il film ne incassa più di 102 in tutto il mondo, e il finale apre al sequel con Raccoon City deserta e Matt consegnato al progetto Nemesis. Oltre alle critiche negative, sulla pellicola si abbatte il malcontento dei puristi che avrebbero voluto fatti e personaggi del videogame. Le conseguenze nefaste si sarebbero viste nel sequel.

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RESIDENT EVIL REBIRTH

In seguito ad un accordo con la Capcom, la Nintendo ottiene l’esclusiva per i giochi di Resident Evil. In attesa del quarto capitolo della saga, vengono riproposti per il Gamecube i primi quattro titoli della serie con un sontuoso restyling per il capostipite. Resident Evil Rebirth, come viene battezzato più o meno ufficiosamente, esce il 22 marzo 2002, stesso giorno e mese dell’originale, e appena una settimana dopo l’uscita del film negli USA.

Pur trattandosi di un remake, il gioco sarà uno dei capitoli più riusciti dell’intera serie se non addirittura il migliore. Le atmosfere coinvolgenti e spaventose dell’originale sono amplificate e rese ancor più realistiche grazie alla nuova dettagliatissima veste estetica. I filmati d’intermezzo sono riproposti in cgi per un aspetto omogeneo con le sequenze di gioco, dialoghi e musiche ricalcano quelle del prototipo, seppur prive delle stesse ingenuità, per mantenerne inalterato lo spirito.

Vengono modificati molti puzzle e aggiunti alcuni elementi alla storia. In primis la famiglia di George Trevor, architetto newyorkese ingaggiato per progettare Villa Spencer e poi fatto prigioniero. Jessica e Lisa, moglie e figlia, sono state sottoposte a terribili esperimenti. La donna è morta, la ragazza, impazzita, le ha scuoiato il viso e lo usa come maschera rievocando il Faccia di Cuoio di Non aprite quella porta. Tra le ambientazioni vengono aggiunti un cimitero, teatro del nuovo puzzle delle quattro maschere che caratterizza la parte iniziale del gioco, e un piccolo capanno nel bosco, copia carbone de La Casa di Sam Raimi.

Tra i mostri, resi ancor più raccapriccianti dalle migliorie grafiche, la novità è rappresentata dai Crimson Head, zombi che, una volta colpiti, torneranno in vita se non verrà dato fuoco al cadavere. Il giocatore ha a disposizione nuove armi di difesa: un taser per Jill e granate per Chris che si possono incastrare nella bocca di zombi e Hunter e farle saltare con un colpo di pistola. Il gameplay resta immutato ma l’esperienza di gioco appare totalmente nuova grazie proprio alla totale ristrutturazione visiva e ad un tono ancor più drammatico. Un capolavoro da un capolavoro.

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RESIDENT EVIL 0

Pochi mesi dopo l’uscita del remake del primo capitolo, la Nintendo, che ha ottenuto in esclusiva i giochi della serie, lancia sul mercato un episodio nuovo di zecca, prequel della saga. Il capostipite si apre con la squadra Alpha della STARS che si reca nella foresta di Raccoon City alla ricerca della squadra Bravo, scomparsa il giorno prima mentre indagava su una serie di misteriosi omicidi. Ma cos’è successo in quelle 24 ore? Come ha fatto Rebecca Chambers, ufficiale medico nonché membro più giovane della STARS, a sopravvivere?

Dopo il guasto all’elicottero che li costringe ad un atterraggio di fortuna, gli elementi del Bravo Team si separano. Rebecca trova l’Ecliptic Express, il treno che trasporta i dipendenti dell’Umbrella, fermo sulle rotaie. Decide così di salire a bordo e scopre che i passeggeri si sono tramutati in zombi. S’imbatte poi in Billy Coen, ex-marine condannato a morte per l’omicidio di 23 persone. Il convoglio che lo stava portando al luogo dell’esecuzione è stato attaccato da alcuni mostriciattoli simili a sanguisughe che vivono in simbiosi con James Marcus, uno dei fondatori dell’Umbrella nonché creatore del T-Virus. Morto da vent’anni, Marcus si è reincarnato in un corpo giovanile grazie alla Queen Leech, la Sanguisuga Regina, da lui creata.

La novità nel gameplay sta nella possibilità di poter passare da un personaggio all’altro in qualsiasi momento facendo così cooperare Billy e Rebecca che possono anche scambiarsi oggetti. Più irritante invece la scelta di togliere le casse in cui conservare gli oggetti in eccesso. Stavolta il giocatore può lasciarne un numero limitato in una qualsiasi stanza e deve ogni volta ricordarne l’ubicazione per tornare indietro a recuperarli. Un’idea che amplifica maggiormente il realismo del survival horror ma rallenta il gioco rendendolo più noioso.

La prima parte della storia, sull’Ecliptic Express, è la più avvincente, poi tutto diventa già visto. Rebecca e Billy giungono nel Centro Studi Ricerche dell’Umbrella, troppo simile, nella scenografia e nelle atmosfere, a Villa Spencer. I puzzle da risolvere, molti dei quali richiedono la cooperazione dei due protagonisti, sono troppo semplici e la longevità del gioco ne risente. Deludenti anche i mostri. A parte i nuovi zombi-sanguisuga da uccidere con le molotov che il giocatore deve fabbricare, si tratta di affrontare i soliti zombi e Hunter e una serie di banalissimi animali ingigantiti e inferociti: scimmie, insetti e pipistrelli.

Anche i personaggi scadono nella banalità. L’idea di condurre alla redenzione (magari attraverso il sacrificio) un condannato a morte sarebbe stata accattivante. Purtroppo, vien fuori che Billy è il solito eroe condannato ingiustamente e non c’è alcun vero conflitto. L’aspetto grafico è eccellente, identico a quello di Resident Evil Rebirth, l’atmosfera è suggestiva e gli effetti sonori fanno il loro dovere. Ottimo nella confezione, carente sul piano delle idee.

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RESIDENT EVIL APOCALYPSE

Impegnato sul set di Alien vs. Predator, Anderson si limita a scrivere e produrre il sequel cinematografico lasciando la regia all’esordiente cileno Alexander Witt (regista di seconda unità di 007 – Casino Royale e di 007 – Skyfall). Stavolta Anderson pare preoccuparsi più di soddisfare i fansdel videogame che di proseguire la sua storia. Il film risulta infatti una scopiazzatura di Resident Evil 3 – Nemesis , terzo capitolo della saga videoludica con qualche fugace riferimento anche al secondo episodio e a Resident Evil – Code: Veronica.

Sienna Guillory interpreta Jill Valentine, con lo stesso abbigliamento dell’originale ma molto diversa nell’indole, una bad girl tostissima al contrario della controparte videoludica che, nel Rebirth, vediamo addirittura dare di stomaco dopo aver schiacciato la testa di uno zombi. Da Resident Evil 3 arriva anche Carlos Olivera, mercenario dell’Umbrella, interpretato dall’israeliano Oded Fehr. Matt, che alla fine del primo capitolo era stato preso in consegna dagli scienziati dell’Umbrella, diventa qui il Tyrant Nemesis, efficace nel videogioco, molto meno spaventoso nel film e anche un pizzichino più ridicolo.

Naturalmente, Milla Jovovich torna nel ruolo di Alice, la supereroina che continua ad affrontare zombi a due e quattro zampe, lickers e quant’altro. Il gruppo deve salvare la piccola Angela, figlia del creatore del T-Virus, il dr. Ashford, nome di uno dei fondatori dell’Umbrella nel videogame. Tra gli altri personaggi secondari, l’unico a non finire come carne da macello è il ladruncolo L.J. Immancabile, come nell’opera originale, la nuclearizzazione di Raccoon City.

E’ un film con effetti speciali di scarsa qualità e scelte narrative troppo pigre e di natura commerciale. Il successo al botteghino arriva, i fan sembrano un po’ più contenti, ma dal punto di vista cinematografico la qualità è scadente.

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RESIDENT EVIL 4

Arriva nel 2005 il capitolo più atteso e rivoluzionario dell’intera saga che evolve il survival horror thrilling che conosciamo in un action più adrenalinico. Sono trascorsi sei anni dalla distruzione di Raccoon City. Leon S. Kennedy, all’epoca poliziotto novellino, è ora nientemeno che un agente speciale incaricato dal governo di salvare Ashley Graham, giovane figlia del Presidente degli USA, sequestrata da una setta di fanatici e condotta ad El Pueblo, un villaggio rurale sperduto tra Spagna e Portogallo.

Ad accogliere il giocatore è anzitutto un aspetto grafico incredibilmente realistico con scenografie tangibili e dettagliatissime. Il gameplay è tutto nuovo. L’angolo di visuale è alle spalle del protagonista e si sposta sulla sua spalla destra quando punta l’arma. Il mirino laser può essere manovrato manualmente. Oltre alle armi da fuoco, il giocatore può utilizzare il pugnale e tre tipi diversi di granata. In casse, barili o vasi si possono trovare erbe mediche, da utilizzare come negli episodi precedenti, munizioni o denaro per acquistare altre armi dal Mercante. In alcune sequenze in cui Leon è in pericolo di vita o deve affrontare un avversario corpo a corpo il giocatore deve premere velocemente i pulsanti che vengono indicati in sovraimpressione.

Giunto nel villaggio, Leon si trova di fronte all’ostilità degli abitanti. Niente più zombi lenti e centellinati col contagocce bensì orde di avversari intelligenti che attaccano da tutte le direzioni e possono schivare gli attacchi. Si tratta dei Ganados, infettati dalle Plagas e controllati dalla Plaga Regina sullo scettro di Lord Saddler, leader della setta degli Illuminados che ricorda l’Imperatore Palpatine di Star Wars.

Il gioco, suddiviso in capitoli, è lungo e articolato. Forse la parte che denota l’atmosfera più suggestiva resta quella iniziale nel villaggio. Oltre ai ganados bisogna sfuggire al Dr. Salvador, armato di motosega e con un sacco di patate a coprirgli il volto, citazione sia da Venerdì 13 che da Non aprite quella porta. Attraversando scenari paludosi avvolti nella nebbia e boschi alla Blair Witch Project con trappole disseminate qua e là, Leon deve vedersela prima con un mostro lacustre in uno scontro che cita invece Lo Squalo passando poi ad affrontare un gigante.

Lo scenario si fa ancora più lugubre quando si scatena un temporale in piena notte. Leon, che scopre di avere una Plaga in corpo, riesce a trovare Ashley e il giocatore deve preoccuparsi che la ragazzina non venga colpita o rapita dai Ganados. Salta fuori a dar man forte ai nostri eroi il fascinoso spagnolo Luis Sera, all’apparenza uno sciupafemmine, che dichiara di essere un poliziotto ma si rivelerà qualcos’altro. Dopo lo scontro con Mendez, nerboruto capo del villaggio orribilmente trasformato, Leon e Ashley riparano nel castello di Lord Salazar, braccio destro di Saddler, affetto da nanismo e con l’aspetto di un bambino invecchiato.

Il castello pullula di ganados zeloti della setta degli Illuminati. Qui l’atmosfera è più simile a Castlevania e s’ingaggiano numerosi combattimenti. Tra i cattivi spunta il Garrador, un umanoide in armatura dotato di artigli estraibili alle braccia il cui unico punto debole è la plaga sulla schiena. In un capitolo si potrà manovrare Ashley che deve risolvere qualche facile puzzle e sfuggire ad armature semoventi. Intanto si fa di nuovo viva un’ultrasexy Ada Wong, al soldo di Wesker, uno dei pochissimi legami con i capitoli precedenti. Il primo duello con Leon cita Matrix con qualcosa di Mission: Impossible.

Nei sotterranei, l’ambientazione claustrofobica simile a quella di un’acciaieria e l’attacco di un Verdugo, guardia del corpo di Salazar simile ad uno xenomorfo di Alien, rendono omaggio al capolavoro di Ridley Scott. Si passa poi alle miniere, dove non può mancare una spericolata corsa sui carrelli in stile Indiana Jones, e alle caverne infestate dai Novistadores, insettoidi sputa-acido che rapiscono di nuovo Ashley. Dopo lo scontro finale con Salazar, tramutatosi in una sorta di pianta carnivora gigante, Leon si reca sull’isola vicina per recuperare la ragazza.

Lo scenario cambia totalmente e, piuttosto che in un horror, sembra di essere capitati in una simulazione di guerra con i ganados che hanno l’aspetto di soldati mercenari. L’atmosfera torna ad essere macabra nei consueti laboratori abbandonati in cui si aggirano i Regeneradores, ributtanti umanoidi in grado di rigenerare gli arti colpiti. L’unico modo per ucciderli è individuare le plagas nel loro corpo con un mirino a infrarossi ed eliminarle una ad una. Dopo un omaggio alla prima trasposizione cinematografica con una griglia laser qui meno letale, Leon finisce in un container sospeso nel vuoto dove deve affrontare “Esso”, nome che sembra un omaggio a It di Stephen King, ennesima aberrazione incrocio tra una salamandra e uno scorpione.

Uno dei boss più temibili è Krauser, ex-camerata di Leon e ora mutato in un invincible supersoldato. Lo scontro finale è ovviamente con Saddler, anche lui trasformato in un orribile essere simile a un ragno gigante, ancora dal capolavoro letterario di King. Gli occhi sulle zampe, invece, sono il segno distintivo della saga videoludica, presente in tutte le schermate iniziali. Sconfitto il malvagio, distrutta la plaga che ha in corpo e salvata Ashley, Leon sfreccia fuori dall’isola a bordo di una moto d’acqua prima che la sequenza di autodistruzione della base giunga a compimento. I titoli di coda sono uno dei momenti più inquietanti e angoscianti del gioco. Tra i minigiochi da sbloccare, la missione di Ada in cui è possibile manovrare la bella spia.

Nonostante il brusco cambio di rotta, Resident Evil 4 è un trionfo di critica e pubblico, un pluripremiato capolavoro videoludico che ha avuto il merito di rinverdire la saga in un momento di evidente stanchezza rilanciando il franchise. E’ già una pietra miliare.

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RESIDENT EVIL EXTINCTION

Anche per il terzo episodio cinematografico, Anderson si limita a produrre e scrivere il soggetto lasciando la regia a Russell Mulcahy, noto per aver diretto Highlander – L’Ultimo Immortale. La storia si scosta di nuovo dal videogame. In un mondo ormai in rovina ed in preda agli zombi, Alice si aggira nel deserto del Nevada come una Mad Max al femminile alla ricerca di superstiti e di un luogo sicuro dall’infezione.

L’inizio è abbastanza originale e ad effetto. La bella eroina interpretata ancora dalla bellissima Milla Jovovich viene fatta prigioniera da un gruppo di psicopatici che la fanno combattere con dei cani zombi. Una sequenza che può ricordare film come Non aprite quella porta o Le colline hanno gli occhi. Alice ritrova poi i suoi compagni e li salva usando i suoi poteri per dar fuoco ad un enorme stormo di corvi mutati nella scena più spettacolare del film.

La donna ritrova il suo amato Carlos Olivera, destinato a sacrificarsi per il gruppo. Dal videogame vengono gettati nella mischia anche Claire Redfield, interpretata da Ali Larter, e Albert Wesker, il cattivo della saga, che qui ha il volto di Jason O’Mara ma avrà peso consistente soltanto negli episodi successivi. Il vero villain della situazione è il dr. Isaacs che si trasforma in un Tyrant con facoltà rigenerative e un tentacolo al posto del braccio destro.

La battaglia finale con gli zombi ambientata tra i resti di Las Vegas vorrebbe avere una qualche valenza metaforica ma non significa assolutamente niente. Ricordiamo peraltro la pessima tag sul poster italiano che resta ancora oggi enigmatica: “La città del peccato incontra il suo creatore”. Ancora effetti speciali al risparmio e una sceneggiatura non certo brillantissima. E’ un film che fa il minimo sindacale come mezzo d’intrattenimento e apre per il quarto episodio.

RESIDENT EVIL DEGENERATION

In vista dell’uscita di Resident Evil 5 la Capcom lancia il primo film d’animazione in computer grafica che fa da spin-off alla saga introducendo temi ed elementi quali il bioterrorismo e la corporazione Tricell che verranno sviluppati nel quinto episodio videoludico.

Sono trascorsi sette anni dalla distruzione di Raccoon City. Claire Redfield fa ora parte di Terra Save, una sorta di Greenpeace, e si trova all’aeroporto di Harvardville per prendere parte ad una manifestazione di protesta contro il Senatore Ron Davis, maggiore azionista della WilPharma, accusata di condurre esperimenti su cavie umane. Tra i manifestanti c’è un uomo infettato dal Virus-T che sparge il contagio e l’aeroporto si popola presto di zombi.

Un Leon S. Kennedy un po’ più hard boiled di quello visto in Resident Evil 4 viene inviato dal Presidente a risolvere la situazione e ritrova, guarda un po’ che coincidenza, Claire. I due protagonisti del secondo episodio videoludico sono così riuniti.

Il film è diviso in due parti. La prima vede i nostri eroi scampare all’aeroporto infestato di morti viventi. La seconda invece si svolge nello stabilimento della WilPharma dove i nostri eroi tentano di arrestare il ricercatore Curtis Miller che intende vendicare moglie e figlia morte nel disastro di Raccoon City. Per i fan del videogioco è tutto già visto e prevedibile. Laboratori asettici, lo scienziato che si trasforma in Tyrant, i due eroi che devono sopravvivere e l’esplosione finale dello stabilimento.

Il livello dell’animazione è pregevole ma la storia è risaputa e molto meno importante di quella dei capitoli videoludici. E, senza un joypad tra le mani, è anche meno divertente.

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RESIDENT EVIL 5

Quattro anni dopo il successo stratosferico di Resident Evil 4 l’attesa per il quinto capitolo è spasmodica. In rete iniziano a circolare teaser virali live in cui Chris Redfield è sull’orlo del suicidio in preda a ricordi spaventosi. Un flashback mostra alcune scene del gioco. Poi Chris viene salvato da una bella ragazza africana, Sheva Alomar. I due sono agenti della BSAA, un corpo speciale che combatte il bioterrorismo.

Il trailer stupisce per le innovazioni nella veste grafica, comunque prevedibili trattandosi di un prodotto per console di settima generazione. A far storcere il naso è la sensazione che si tratti di un gioco praticamente identico a Resident Evil 4 ma ambientato in un villaggio africano anziché in Spagna. I timori si rivelano fondati. I giocatori si troveranno tra le mani una sorta di Black Hawk Down vagamente horror, molto meno spaventoso del predecessore e anche più breve.

Ancora scosso dalla recente scomparsa di Jill, Chris giunge nella regione africana del Kijuju dove si unisce a Sheva per indagare sulla minaccia del bioterrorista Ricardo Irving. Anche stavolta, i Majini, versione africana dei Ganados, sono infetti da plagas e si rivelano ostili. Ci sono di nuovo il tizio con la motosega, i giganti e i majini mercenari. Bisogna vedersela anche con la tribù degli Ndipaya nelle paludi o in templi sotterranei alla Tomb Raider.

Poco cambia anche dal punto di vista del gameplay. L’unica variazione è che il giocatore è costantemente assistito da Sheva che può rianimare Chris in punto di morte. Un aiuto anche eccessivo che toglie molta tensione al gioco. Tra le solite aberrazioni giganti e il ritorno dei Lickers, il nuovo mostro della situazione è il tentacolare Uroboro che la spietata Excella Gionne, dirigente della Tricell, sembra ritenere il prossimo passo dell’evoluzione umana. Salta fuori che Jill è ancora viva ma è un colpo di scena scontato.

Dopo gli ennesimi laboratori, teatro della battaglia finale è una nave della corporazione. Excella si tramuta in una creatura lovecraftiana che Chris abbatte a colpi di laser. Finalmente si giunge allo scontro decisivo con Albert Wesker che sembra sconfitto una volta per tutte. Un gioco impressionante dal punto di vista estetico, nella ricostruzione delle varie ambientazioni africane e nel design dei personaggi, ma gli sviluppatori si sono limitati a riproporre gli elementi del quarto capitolo realizzando più una simulazione di guerra (accusata anche di razzismo) che un survival horror.

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RESIDENT EVIL AFTERLIFE

Le evoluzioni action di una Milla Jovovich sempre più affascinate sembrano ormai essere l’unico elemento godibile della saga cinematografica. In questo quarto episodio, non solo la vediamo in 3-D, ma all’inizio ci gustiamo anche un intero esercito di Alice-cloni versione ninja. Alla regia torna il marito, Paul W.S. Anderson, che aveva diretto solo il primo capitolo, finora il migliore.

Si riparte da dove avevamo lasciato, con la nostra bella guerriera che va distruggendo laboratori Umbrella a destra e a manca diretta verso un luogo di salvezza chiamato Arcadia. E Anderson ha lo spunto felice di toglierle immediatamente tutti i suoi poteri trasformandola da supereroina invincibile a donna qualunque, come tutte le protagoniste del videogioco, tra le quali Claire Redfield, che torna dall’episodio precedente, di nuovo interpretata dalla splendida Alison Larter, qui in preda ad amnesia.

Al gruppo si unisce finalmente il fratello Chris, eroe indiscusso della serie originale, con il volto di Wentworth Miller. Ritroviamo anche il supercattivo Albert Wesker, interpretato stavolta da Shawn Roberts, glaciale ed invincibile come ben sapranno tutti quelli che hanno dovuto affrontarlo con un joypad.

Nel film compaiono un paio di elementi da Resident Evil 4 e 5 come le plagas e un gigantesco majini boia armato di un’ascia spropositata e collocato qui a Los Angeles. La storia va dalla A alla B e niente di più. Soliti combattimenti infarciti di rallenty alla Matrix ed effetti digitali senza infamia e senza lode. Solo per i fan.

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RESIDENT EVIL RETRIBUTION

Mentre gli appassionati sono in attesa dell’uscita di Resident Evil 6, la trasposizione cinematografica del celebre survival horror Capcom giunge al quinto episodio, ancora diretto da Paul W.S. Anderson che ha prodotto l’intera saga firmando la regia anche del primo e del quarto episodio e solo la sceneggiatura del secondo e del terzo. Protagonista è ancora la moglie Milla Jovovich che, da eroina con superpoteri, è passata ad essere una donna comune avvicinandosi di più ai protagonisti del videogame che, seppur ben addestrati, sono normalissimi esseri umani.

L’idea di Anderson è stata fin dall’inizio quella di scostarsi dalla trama dell’opera originale pur mantenendo ambientazioni ed elementi caratteristici. Il malcontento dei fan lo ha poi costretto, nei capitoli successivi, a buttare nella mischia i personaggi del gioco in maniera abbastanza forzosa e cercare una maggior fedeltà alla storia videoludica in film sempre più action e fantascientifici e sempre meno horror.

La trama di questo quinto episodio è un pasticcio terribile. Dopo l’attacco all’Arcadia, Alice si trova prigioniera in un’installazione dell’Umbrella in cui sono riprodotte alcune metropoli internazionali per simulare attacchi bioterroristici, da Tokyo a Mosca. Accantonati Chris e Claire Redfield, che ritroveremo nel sesto e ultimo film della serie, vengono qui inseriti altri eroi del videogame.

Ada Wong è una troppo giovane Li Bingbing che non ha nulla della spia originale se non il lungo vestito viola che indossa in Resident Evil 4 e qui del tutto ingiustificato. Arrivano anche Leon Scott Kennedy e Barry Burton, rispettivamente l’estone Johann Urb e il bravo Kevin Durand, che somigliano solo vagamente alle controparti videoludiche. Ritorna Luther West, nato nella serie cinematografica e di cui si continua a non sentire il bisogno. I personaggi sono lì solo per sparare ai mostri, non denotano il minimo approfondimento e non ci si affeziona a nessuno.

Nell’episodio precedente, Claire veniva soggiogata da un dispositivo insettoide che le iniettava una particolare droga rendendola malvagia finché Alice la liberava dal condizionamento strappandole via il congegno. Qui accade la stessa cosa a Jill, di nuovo interpretata da Sienna Guillory, bionda e glaciale come pure in Resident Evil 5. Stavolta, però, Alice la affronta in una lunghissima scazzottata prima di capire che deve staccarle lo stesso identico dispositivo in bella evidenza sulla scollatura dell’avversaria. Ed è solo la punta dell’iceberg di una serie di combattimenti sempre più demenziali e ricchi dei soliti postmodernismi.

Col solito pretesto della clonazione viene riportata in vita anche Michelle Rodriguez nel ruolo di Rain per essere l’ennesima bad girl del film. Tra gli altri elementi del videogame si segnalano le Plagas nel corpo di un’armata rossa zombesca a Mosca, il ritorno dei Lickers e degli Axe Men. L’ambientazione siberiana richiama inoltre Resident Evil: Code Veronica, capitolo fondamentale della saga videoludica.

Effetti speciali scadenti, un 3D inefficace, personaggi che sono le brutte copie degli originali e una storia che continua a girare su se stessa tornando sempre al punto di partenza. Le atmosfere del videogame sono lontanissime e il finale apocalittico sfocia nel ridicolo.

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RESIDENT EVIL 6


L’allontanamento dalla componente horror verso dinamiche più marcatamente action operato in Resident Evil 5 è stato aspramente criticato dalla fan-base della saga. Per il sesto episodio, la Capcom cerca di tornare alle atmosfere degli episodi originali ma vuole anche continuare il discorso intrapreso nei capitoli più recenti mettendo insieme un ambizioso polpettone.

Il gioco è costituito da tre campagne con due protagonisti ciascuna. Si può optare per la modalità co-op oppure, come accadeva in Resident Evil 2, si può terminare la campagna giocando prima con un personaggio e poi con l’altro, con le rispettive differenze. L’evoluzione principale nel gameplay sta nell’incremento di mosse di combattimento che permettono di difendersi anche disarmati e l’assistenza del proprio compagno rende quasi impossibile essere uccisi. S’indebolisce quindi la natura survival horror che dovrebbe contraddistinguere la serie.

Le tre linee narrative convergono a Langshiang, metropoli cinese dov’è in corso un attacco bioterroristico, uno scenario da blockbuster catastrofico hollywoodiano. La prima campagna è anche quella che fa da prologo e tutorial al gioco. Il Presidente degli USA si reca nella cittadina di Tall Oaks per tenere un discorso nell’università locale ma si trasforma in uno zombi a causa della solita epidemia. La sua guardia del corpo, Leon S. Kennedy, è costretto ad ucciderlo e dovrà sopravvivere tra le strade della città coadiuvato dall’agente governativo Helena Harper, che dovrebbe essere il motore emotivo della vicenda ma ha un arco narrativo banale.

Delle tre campagne, è comunque quella che denota maggiormente la volontà di tornare alle atmosfere horror dei primi due episodi, a cominciare dal percorso obbligato tra le strade di Tall Oaks infestate dai morti viventi, passando per il cimitero, la cattedrale gotica e le caverne sotterranee, con alcuni puzzle di una semplicità disarmante che sembrano inseriti solo per accontentare i puristi.

Nella seconda campagna ritroviamo Chris Redfield, ancora membro dell’anti-bioterrorismo, traumatizzato e sfiduciato, quasi come all’inizio di Resident Evil 5. Il giovane commilitone Piers Nivans cercherà di restituirgli fiducia accompagnandolo nei combattimenti contro le armi bio-organiche J’avo, zombi intelligenti, nient’altro che un pretesto per avere degli avversari armati in una simulazione di guerra malamente mascherata da horror, come succedeva appunto nel quinto episodio.

Protagonisti della terza campagna sono Sherry Birkin, la bambina di Resident Evil 2 divenuta un agente speciale, e Jake Muller, figlio di Albert Weksker. Entrambi sono dotati di superpoteri, scelta che denota la volontà di seguire le orme della saga cinematografica dove la protagonista Alice, interpretata da Milla Jovovich, possiede capacità sovrumane. I due protagonisti sono infatti al centro di scene action esageratissime che fanno impallidire anche il più estremo dei Fast & Furious.

Completando le tre campagne se ne sblocca una quarta che ha per protagonista l’affascinante spia Ada Wong, armata di rampino stile Batman. Qui siamo più dalle parti di un Mission: Impossible, con sequenze stealth, qualche puzzle leggermente più impegnativo rispetto ai precedenti e una trama che tappa tutti i restanti buchi narrativi.

Le monotone sequenze di combattimento sono intervallate dalla possibilità di guidare qualche veicolo, unica novità del gameplay. C’è il mezzo corazzato con mitragliatrice, la motocicletta con la quale balzerete addirittura giù da un grattacielo, la motoslitta per le ripide montagne innevate di Edonia, si può far fuoco dall’interno della cabina di pilotaggio di un caccia da combattimento e si deve anche far atterrare un aereo di linea semplicemente pigiando i pulsanti che vengono indicati in sovraimpressione.

La buona longevità del gioco diventa un boomerang a causa del gameplay ripetitivo ed è ormai chiaro che del survival horror originale non sia rimasto quasi più nulla. In questo caso è la saga videoludica che deve sopravvivere a se stessa con la necessità di un altro cambiamento radicale.

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RESIDENT EVIL DAMNATION

Resident Evil Damnation è il secondo film d’animazione in CGI che fa da spin-off alla saga videoludica e introduce ai fatti di Resident Evil 6. Sono trascorsi tredici anni dalla distruzione di Raccoon City e due anni dai fatti di Resident Evil 5 e le mostruose armi bio-organiche generate dall’Umbrella Corporation vengono utilizzate dai terroristi.

Alla regia torna Makoto Kamiya che aveva già diretto il primo titolo d’animazione. Stavolta però non si limita a realizzare un prodotto puramente commerciale che ricalca gli schemi del videogame in maniera piuttosto prevedibile ma parte da una sceneggiatura più ragionata nella quale lickers e Tyrant non sono più soltanto mostri da abbattere ma assumono valenza metaforica socio-politica come George Romero insegna.

La Repubblica Slava dell’Est, un piccolo paese nato dalle ceneri dell’ex-Unione Sovietica, è dilaniata da una guerra civile tra il governo oligarchico e i ribelli che lottano per la libertà. Leon Scott Kennedy, agente speciale USA, viene catturato dai rivoltosi che utilizano le B.O.W. come armi contro le forze governative. Chi è avvezzo al videogame conosce già le plagas, organismi che vengono impiantati negli esseri umani così da poterli controllare telepaticamente attraverso la plaga regina. In questo caso, i ribelli inseriscono le plagas nei lickers e la regina è impianatata nel corpo di un membro del Consiglio degli Anziani che guida la ribellione (ed è caratterizzato da un paio di baffi alla Stalin).

L’eroe dei ribelli è comunque Sasha, coraggioso ed idealista nonché perno emotivo della storia. Più sopra la righe la caratterizzazione del fratello. D’accordo che sia un appassionato di cibo, film e cultura americana in generale, ma chiamarlo J.D., farlo atteggiare come un rapper e fargli dire “Yo, man!” è un po’ esagerato.

Mentre la capitale pullula di cittadini infetti da plagas, Svetlana Belikova, glaciale Presidente del paese, ricorre all’aiuto della bellissima spia Ada Wong, amatissimo personaggio della serie che ha intrecciato un complesso legame di amore-odio con Leon e si spaccia qui per un agente dell’anti-bioterrorismo. L’elemento interessante della storia è che entrambe le fazioni hanno le loro colpe e non c’è una distinzione netta tra buoni e cattivi come avviene di solito nella saga.

Il film è molto divertente. Il livello d’animazione in motion capture non raggiunge i livelli del Tintin di Spielberg o del Canto di Natale di Zemeckis ma è comunque notevole sia nelle movenze dei personaggi che nelle ricostruzioni scenografiche dettagliatissime e illuminate in maniera suggestiva. La regia regala qualche sequenza in soggettiva che amplifica l’atmosfera videoludica e funziona molto più di tanti mockumentary da quattro soldi. Non vengono risparmiate buone dosi di splatter, le sequenze d’azione sono spettacolari e ci sono efficaci momenti di tensione.

Nonostante qualche risvolto non originalissimo nelle principali linee narrative, la storia risulta gradevole. Particolarmente simbolico lo scontro tra i Tyrant, che significa appunto “Tiranno” (ed hanno qui curiosamente l’aspetto dei Progenitori di Prometheus) e i Lickers schiavizzati dalle Plagas. Toccante l’epilogo durante i titoli di coda che offrono anche un lungo trailer di Resident Evil 6. Molto migliore del primo capitolo e di gran lunga superiore alla saga cinematografica live.

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