Zombies: recensione di MangaForever dell’edizione integrale

Pubblicato il 17 Febbraio 2015 alle 10:20

L’inverno ghiaccia le ossa, accorcia le giornate, fa battere i denti e scricchiolare la neve… ma siamo sicuri che non sia il passo strascicato di uno zombie affamato di carne umana?

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SaldaPress non poteva scegliere stagione migliore per aggiungere un nuovo titolo di prestigio alla sua collana Z, interamente dedicata al mito senza tramonto dei non morti.

Seattle, costa occidentale degli Stati Uniti. Sam è un americano come tanti, il suo sogno è diventare direttore al McDonald’s e fare pace con la sua ex moglie. O meglio, lo era. Prima dell’apocalisse. Un virus senza nome, un’epidemia dalle cause sconosciute è dilagata in tutto il mondo come fuoco in un pagliaio, trasformando la stragrande maggioranza degli esseri umani in cadaveri ambulanti, in decomposizione, ma tremendamente famelici. Un loro morso, un solo graffio, basta per diffondere il contagio ed andare ad ingrossare le fila di quei mostri che non conoscono né stanchezza né pietà e che sono spinti solo da un impulso irrefrenabile a dilaniare, squartare e sbranare. Nel volgere di pochi mesi, il morbo ha letteralmente spazzato via la gloriosa civiltà umana, ribaltando la scala evolutiva e scalzando gli uomini dalla vetta della piramide alimentare.

Nessun posto ormai è al sicuro. Sam lo sa. E’ solo, in fuga da quelle creature rivoltanti, in compagnia di una pistola e dei suoi schiaccianti sensi di colpa. Più volte ha pensato di farla finita, ma una voce, sepolta dentro di lui, proprio non vuole lasciarlo andare: è la fragile, assurda speranza che qualcosa di buono sia rimasto in quel mondo al tramonto. Che sua figlia, la sua piccola Stacy, sia ancora viva, da qualche parte, e che lo stia aspettando.

Sostenuto da quell’unico pensiero, Sam imparerà ad affinare i suoi sensi, a trasformarsi da preda in cacciatore, per respingere le orde dei morti, ma capirà presto che ci sono altri pericoli, oltre a quelli per il suo corpo: la pazzia e lo sconforto, che rischiano di corrompergli l’animo e la mente. Per questo l’incontro con il piccolo Josh, ragazzino epilettico rimasto solo al mondo, salvato dalle macerie, e quello con un folto gruppo di sopravvissuti in cerca di una nuova terra dover poter ricostruire una parvenza di vita serena, saranno fondamentali per ridargli un motivo per lottare e per continuare a credere in un futuro migliore.

Il solitario cacciatore si unisce così al progetto della carovana guidata dall’ex attore canadese Serge La Pointe, un gruppo eterogeneo che accoglie tutti coloro che difendono ancora i valori di democrazia e compassione che distinguono davvero la natura umana. Il loro piano è colonizzare una piccola isola di fronte a Seattle e per farlo avranno bisogno di tutti i mezzi e le forze che riusciranno a riunire, costanemente minacciati dall’avanzata della marea senza vita. Ma Sam e i suoi nuovi compagni scopriranno che le sconfinate schiere degli infetti non sono il nemico più subdolo: altri sopravvissuti hanno deciso di calpestare ogni ricordo della loro umanitò e, votati solo alla razzia e ai più bestiali istinti, lottano contro tutto e contro tutti, contro vivi e morenti per seguire i loro contorti piani di supremazia su quel mondo in rovina.

Istinto contro ragione, sopraffazione contro collaborazione e misericordia. La comunità umana, ormai decimata, dovrà trovare una nuova unità se vuole davvero sopravvivere alla più terrificante minaccia alla sua esistenza. Nel frattempo, Sam prosegue nella sua ricerca, portandosi con sé il peso di un segreto pericoloso.

L’assedio è cominciato e quando la battaglia per la sopravvivenza sarà terminata, una sola sarà la razza dominante sul pianeta.

Mezzo secolo fa il genere Western mieteva successi su entrambe le sponde dell’Atlantico. Oggi sono le zombie-stories a sembrare non conoscere calo di appassionati e a continuare a proliferare in ogni campo artistico “popolare”, dal cinema, al fumetto, all’animazione. Come l’antenato cowboy, anche il genere zombie è caratterizzato da un canone ben preciso e da topos letterari estremamente ricorrenti, sintetizzati e sublimati in alcune opere pionieristiche come Zombi(1978) e La notte dei Morti Viventi (1968) dell’indiscusso maestro George A. Romero.

Un virus irresistibile ed estremamente contagioso che trasforma i corpi umani in belve affamate di cervelli, l’inizio in medias res, l’assoluta impotenza da parte delle autorità, sconfitte ed annullate, la schiacciante superiorità numerica dei mostri, la piccola comunità di sopravvissuti, assediata e dilaniata da conflitti interni, il semplice “uomo della strada” costretto a trasformarsi in brutale sterminatore di zombie per salvare i suoi cari e il futuro dell’intera razza umana. Sono alcuni degli elementi portanti della trama di un classico racconto zombie.

Zombies, di Olivier Peru e Sophian Cholet, non si fa mancare nessuno di essi. La sua adesione al canone è pressocché assoluta, la lezione degli autori canonici è perfettamente assimilata, così come l’impulso rinnovatore che ha iniettato The Walking Dead al filone narrativo e che ha contribuito così tanto alla “rinascita”del genere in questi ultimi anni. Tanto standardizzate sono alcune situazioni ed alcuni personaggi (il padre disposto a tutto pur di ritrovare il figlio perduto, gli esponenti superstiti della comunità scientifica in fervente ricerca di una cura, i leader delle diverse fazioni di sopravvissuti, i fanatici del grilletto che hanno trovato una scusa per svuotare caricatori su caricatori) che, ad una prima lettura, si potrebbe pensare di aver tra le mani un’opera tutt’altro che originale. Un compendio, per quanto ben fatto, di strutture e temi già noti, già letti e reinterpretati in tutti i modi.

Non è quindi sul livello dell’intreccio e della trama che bisogna cercare, per cogliere le qualità di questa bande dessinée di così forte, hollywoodiana influenza. Il taglio scenico e i ritmi narrativi di Zombies sono infatti quelli tipici non solo di un sontuoso kolossal post-apocalittico, ma di una vera e propria “zombie series”: l’assoluta semplicità della macrotrama, arricchita però da molteplici storie minori tra cui spicca quella del protragonista; il mantenimento e la quasi prodigiosa preservazione proprio di quei personaggi più apprezzabili e preziosi dal punto di vista degli stimoli al lettore/spettatore; la “sospensione” dei momenti culminanti, con passaggi da un gruppo di personaggi all’altro, da un luogo all’altro, in modo da accrescere l’aspettativa nei confronti del filo narrativo rimasto “interrotto”. Un grande impianto scenico, insomma, allestito con cura e grande professionalità, ma che rischierebbe di risultare artificioso. Tuttavia, alcuni elementi dell’opera di Peru e Cholet sono meritevoli di considerazione e riflessione.

Primo tra tutti, il ricorrente dibattito intorno al senso di quell’apocalisse e il dilemma riguardo il destino dell’uomo. Non si tratta di una novità assoluta nel genere, ma accostare ai sanguinosi scontri con i non morti, alle corse a tutto gas attraverso distese di cadaveri e alle rocambolesche fughe in elicottero da fauci gialle sbavanti un’introspezione sincera da parte dei personaggi, conferisce al fumetto una dimensione di umanità e sensiblità indispensabile per non cadere nello splatter più scadente.

Tanti sono i riferimenti all’esistenza, bontà o provvidenza di Dio in un contesto che parrebbe di totale abbandono della razza umana alla sua sorte macabra e grande risalto ha anche l’affermazione di valori come l’amore, l’amicizia, la famiglia, la dignità e il disinteresse, in qualità di unici baluardi contro la definitiva alienazione della persona. Il personaggio di Theodore è un chiaro esempio di questa volontà di affrontare anche temi più alti della sola sopravvivenza: giovane infettato dal virus, ne risulta tuttavia immune, resistendo alla trasformazione in zombie e perciò oggetto di particolare studio da parte dei membri della comunità guidata da Serge La Pointe, che spera di trovare in lui la chiave per l’antidoto all’epidemia. Theodore vive però dietro le sbarre, per precauzione, e sarà proprio questa sua condizione di essere umano sfruttato e usato come cavia a suscitare la compassione e la simpatia di Sam.

Particolarmente rilevante è poi il ruolo dei bambini, spesso completamente trascurati o trattati come soprammobili di contorno in film o fumetti di simile contenuto, più interessati alla celebrazione dell’adulto eroe-guerriero. In Zombies, invece, vengono messi in luce gli effetti che la situazione di estremo pericolo ha sulle giovani vite, a partire da Josh, il testardo, coraggioso “figlio adottivo” di Sam, e gli altri bambini della carovana di sopravvissuti. Essi non hanno mai conosciuto le libertà e spensieratezze dell’infanzia, sono nati e cresciuti in un mondo dove la morte e il dolore sono visibili in forme orribili ad ogni angolo della strada e dove le cose più importanti da imparare non sono il gioco e la cultura, ma le tecniche per garantire la sopravvivenza, la guerra e l’omicidio.

Con questo spaccato di mondo infantile scaraventato nell’inferno virale, Zombies offre una prospettiva adattabile anche a situazioni ben più realistiche: è facile, infatti, dimenticare quanto a fondo guerre, carestie ed epidemie possono influenzare e compromettere la crescita interiore dei bambini, proprio perché l’individuo adulto tende a dimenticare e a trascurare l’importanza di un’infanzia serena.

I personaggi nati dalla penna di Olivier Peru godono poi di un’intensa profondità psicologica, grazie ai molti dialoghi ad effetto volti ad esplicitare i loro punti di vista, nonché ai dettagli biografici rivelati nel corso della narrazione. Il lettore può seguire ed apprezzare in modo particolare la crescita umana ed emotiva di Sam, che forgia il suo spirito, mettendo al bando le sue paure per perseguire il suo scopo di trovare la figlia perduta e donarle un nuovo futuro di felicità.

Non mancano alcune debolezze o, quantomeno, aspetti discutibili che potrebbero urtare la sensibilità di più di un lettore. Nonostante sia abile nel non cadere mai nella carneficina fine a se stessa, Olivier Peru non fa mancare le abbondanti scene di strage e accalcata rissa, nelle quali un pugno di eroici umani si trova ad affrontare miriadi di zombie scatenati con grande dispiego di proiettili, esplosioni, mascelle spezzate e crani fracassati. Pur se ingrediente indispensabile delle canoniche rappresentazioni del tema “non-morti contro esseri umani”, ci si aspetterebbe che, vista la maturità e longevità del genere, gli autori cercassero qualcosa di più composito e raffinato per sostenere lo sviluppo della narrazione.

Un esempio di tale miglioramento ci è stato presentato dalla stessa Saldapress con l’egregio Revival di Seeley e Norton. La tendenza all’esibizionismo coinvolge anche i dialoghi, spesso di una sconvolgente, lucida ironia anche nei momenti più tragici, che ci permette di ascoltare battute al vetriolo e slogan bellici alla Rambo in bocca a uomini, donne o, addirittura, bambini che fronteggiano uno tsunami di cannibali fuori controllo. Significativa, da questo punto di vista, la scelta da parte dei due artisti francesi di ambientare la loro opera negli Usa, la patria di tutte le tombe scoperchiate.

Senza pecche è invece il disegno di Sophian Cholet, che disseziona cadevi in putrefazione con precisione chirurgica, sfoggiando un tratto che non conosce ripensamenti e proporzionatissimo, abilissimo nel rappresentare i molti corpi in movimento, ma anche ad aprire panoramiche dei teatri del grande conflitto tra non morti e sopravvissuti.

Insieme, Cholet e Peru compongono un grande dramma, angosciante e violento, che pone il lettore di fronte ad alcune delle sue più ancestrali paure: la malattia, l’infezione, l’assedio, la diffidenza reciproca. Sceneggiato con passo televisivo, pur discostandosi di poco dalle più note storie cbe hanno dato lustro al genere, riesce a raggiungere buoni livelli di coivolgimento e pathos e un’ accuratezza formale fuori dal comune.

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