Fighting America, di Joe Simon e Jack Kirby – La recensione di MangaForever

Pubblicato il 6 Febbraio 2015 alle 10:20

Nemici delle Stelle e Strisce, attenti a voi! Arriva la sentinella di Liberty Island, l’araldo dello Zio Sam, il giustiziere dal nome forte come una bomba atomica…arriva Fighting America!!

fighting america

Bao Publishing porta in Italia, in un’ imperdibile antologia completa, l’epopea, anzi, la “comicopea” di Fighting America. Una satira di dimensioni supereroiche firmata da due dei più straordinari autori della storia del fumetto: Joe Simon e Jack Kirby.

Nell’introduzione a quest’imponente opera, che entra di diritto tra i grandi classici della letteratura a vignette, Joe Simon racchiude il manifesto di poetica suo e dell’affezionato collega Kirby, spiegando al lettore il significato stesso della creazione di Fighting America. In poche righe ci consegna un’indispensabile chiave di lettura per comprendere appieno quest’opera così singolare. Era infatti il 1954 quando, dopo averlo lasciato miseramente morire sotto i colpi spietati del calo delle vendite, Captain America riprendeva vita per volontà della Marvel, allora Atlas Comics, detentrice dei diritti sul personaggio. Fu in quel momento che il duo Simon-Kirby, genitori legittimi dell’eroe dallo scudo volante, decisero di controbattere, di dimostrare che non esisteva una “esclusiva sul patriottismo”, rispolverando lo stampo dell’eroe sentinella della libertà e realizzando un nuovo, aitante paladino: Fighting America.

Pubblicato da Prize Group, Fighting America raggiunse i 7 capitoli  (a cui si aggiungono, nella raccolta di Bao Publishing, due imperdibili inediti), superando, con grande soddisfazione del duo di autori, la portata del resuscitato Captain.

Il nome di Fighting America non è il solo elemento di similitudine con il più celebre Capitano. Simile infatti è l’attilato costume, adatto a dare sfoggio del poderoso armamentario di muscoli; entrambi vestono con orgoglio i patriottici simboli della stella e dell’aquila ad ali spiegate ed entrambi prediligono l’utilizzo del “buon vecchio uno-due” a qualsiasi tipo di arma. Steven “Steve” Rogers, alter ego della Sentinella della Libertà, e John Flagg, l’affascinante mezzo busto televisivo che si nasconde dietro la maschera di Fighting America, condividono poi un percorso comune: disposti a tutto pur di difendere il proprio paese, si affidano alla mirabolante scienza nord-americana per superare i propri limiti mortali ed acquisire doti fisiche senza eguali.

Le circostanze che portarono all’ ingresso in campo di Fighting America contro la sempre più spietata e russofona criminalità organizzata, ebbero tuttavia peculiarità che lo distinsero dal puro volontarismo bellico di Steve Rogers. Fighting America, infatti, è forse l’unico eroe della storia dei fumetti (e questa potrebbe essere la sua sola “unicità”) il cui alter ego…nasconde un altro alter ego! Sì, perché John Flagg non è altri che Nelson Flagg, fratello minore dell’osannato eroe di guerra, vero e proprio bronzo di riace, spauracchio dei malavitosi e idolo delle folle.

Quando il cartello del crimine sancisce la condanna a morte di John, che con la sua trasmissione di denuncia dei truffatori e dei comunisti infiltrati stava diventando una voce troppo scomoda, il debole e mingherlino Nelson non esita ad armarsi di grande coraggio e spirito di sacrificio. Sottoponendosi ad un esperimento top secret, accetta di trasferire la propria mente e la propria anima nel corpo rivitalizzato e rinforzato del defunto fratello. Con grande sgomento di chi pensava di essersene liberato per sempre, John Flagg riappare al pubblico, riprendendo con ancor più slancio e determinazione la sua crociata per la giustizia e  non più solo a colpi di servizi giornalistici e taglienti condanne, ma anche a suon di poderosi cazzotti guantati, sotto le spoglie di Fighting America!

Nessuno, naturalmente, sembrò fare caso alla conseguente scomparsa dello sventurato Nelson. Ma questa è un’altra storia…

Stanno per ripescare Capitan America, Jack” gli dissi. “Sì, ma non durerà” replicò lui. “Non sarà come quando lo facevamo noi.” “Sai” dissi “Non c’è motivo per cui non possiamo rifare il nostro personaggio. Dopotutto, non hanno l’esclusiva sul patriottismo.” Così decidemmo di ricordare al mondo come andava fatto. E così era nato Fighting American.

All’inizio fu la nostra risposta al nuovo Capitan America, ma divenne presto molto di più.(…)E, dopo una partenza seria, il nostro eroe cominciò a sviluppare qualcosa di nuovo… un senso dell’umorismo. (…) Hanno detto che somigliava parecchio a Capitan America. Be’, lasciate che vi riveli un piccolo segreto. Si somigliano tutti. È la stessa faccia, lo stesso corpo. Metti la testa di uno su un altro e ottieni un personaggio nuovo. Quel che rendeva Fighting American differente erano le storie. E quelle erano narrate con lo stile unico di Simon e Kirby.

Con queste parole Joe Simon distillò nel gennaio del 2011 (pochi mesi prima di venire a mancare) tutto il senso di un eroe nato quasi per ripicca. Se in un primo momento Fighting America si affacciò dalla finestra dei fumetti come un classico vendicatore e protettore dei popoli liberi, con il passare del tempo si trasformò in una metafora comica ed esagerata di un ultranazionalismo che andava ogni possibile buonsenso.

Una parodia di quel Maccartismo americano che tanto spesso rischiò di scivolare (e in alcuni tristi momenti ci precipitò in pieno) nel dispotismo ed autoritatismo che si proponeva di estirpare dalla faccia della terra. Fighting America, accompagnato dall’ingenua e altrettano stereotipata spalla Speedboy (così privo di personalità propria da non essere neppure degno di un’identità da difendere), persero fin dal secondo capitolo dell’albo a lui dedicato qualsiasi patina di miticità. Forse già troppo numerosa era la concorrenza e Simon e Kirby pensarono saggiamente che la loro società non avesse bisogno tanto di ulteriori osannatori della pura e inossidabile “americanità”, quanto di una sonora sferzata umoristica, che riportasse i loro compatrioti con i piedi per terra.

Cosa poter aggiungere di più? Un avvertimento al lettore, forse. A rimanere sempre desti e attenti. A non farsi trascinare troppo dalle onde emotive dell’uno o dell’altro eroe dei fumetti, ma anche dell’una o dell’altra frangia politica, che, quando si auto incorona unica opinione veramente democratica, giusta e degna, proprio allora comincia a stringere un po’ di più le dita attorno al collo della democrazia.

Le avventure, o meglio, le parodie avventurose di Fighting America, abbracciano una quantità di generi che rende onore allo sconfinato talento inventivo di Simon e Kirby: c’è la competizione automobilistica, nella storia “Duello fino alla linea d’arrivo”, c’è l’odissea fantascientifica, in“Rientro a casa nell’anno 3000”, c’è la missione nel folto dell’India esotica, in“Jiseppi, il ragazzo della giungla”, e ci sono i tuffi nel passato, come quello compiuto per sbaglio in “Il distorsore temporale”. Una varietà all’apparenza inesauribile, cui fanno da contraltare alcune immancabili costanti, come è regola nella letteratura fumettistica di quell’epoca.

Prima tra tutte, il nemico comunista: non c’è avversario di Fighting America che non sia in qualche modo imparentato con Mosca. Poi l’apparente debolezza dell’eroe di fronte alla machiavellica organizzazione criminale russa, che sembra sempre sul punto di sopraffarlo,  ma che, alla fine, all’apice della suspense e della tensione narrativa, viene da lui sconfitta.

Ma Fighting America è ben lungi dall’essere un eroe perfetto. Proprio perché si crede tale e si sforza tanto di esserlo, cade spesso nel ridicolo e nel pomposo, benché mai nessun personaggio gliene faccia una condanna. Questo è il gioco satirico di Simon e Kirby, che lasciano al lettore la facoltà di ridere o meno di questo atletico acrobata che tanto frequentemente riceve calci nel fondoschiena, o, addirittura, viene messo al tappeto da qualche insospettabile, forzutissima “pupa”.

E’ difficile avanzare qualsivoglia critica a due padri fondatori del fumetto come Simon e Kirby. Eppure, forse per le motivazioni che hanno portato al concepimento di questo borioso cowboy del ventesimo secolo, non si può non rimanere tristemente colpiti dal senso di amarezza e disillusione che traspare dalle pagine di questo fumetto, fin dal suo secondo volume. Una stanchezza nel ripetersi di formule tanto usate, nel rincorrersi sempre uguale dei fitti dialoghi e didascalie; una sorta di grigiore che neppure le vignette pop e squillanti del tipo che fecero sognare Andy Warhol riescono a nascondere.

Tanti, forse troppi i cliché (e lo erano già all’epoca) riproposti nella rapida saga di Fighting America. Certo, proprio nell’utilizzo esasperato di topos lettarari, di formule dialogiche e posture sceniche al limite del ridicolo è contenuta la carica sarcastica del duo di autori. Ma è un sarcasmo difficile a volte da elaborare ed apprezzare. Sarà per quel numero iniziale, che ci aveva dato l’illusione di una parabola classica di superguerriero in difesa degli umili e perseguitati contro le minacce dell’ordine sociale. Sarà per l’influenza dei tanti altri personaggi (DC e Marvel in primis), che, avventura dopo avventura, hanno contribuito a plasmare un modus operandi, uno stilema di paladino dei fumetti, che, se forse non da tutti osannato, è certo rispettato e degno di tale rispetto.

Innegabile è che, come ogni satira, anche Fighting America è intrinsecamente vincolato alla cultura e al pensiero del suo tempo e, con il passare degli anni, ha perso parte del suo attualità. Con il mutare del contesto storico ed il succedersi delle generazioni, con il prorompente Boom economico che volle cancellare dalle menti dei cittadini americani le ombre del conflitto che rischiavano di offuscare il luccicare delle vetrine, Fighting America esaurì il suo compito, vittima di quella Guerra Fredda da lui invece tante volte infiammata.

Sul piano tecnico, sfogliare Fighting America nel volume proposto da Bao Publishing è immergersi nella contemplazione di un capolavoro della nona arte. I disegni puri, solenni, sono la quintessenza del fumetto nello stile  che nacque e crebbe negli Stati Uniti d’America. I visi scolpiti degli eroi John Flagg e Speedboy e quelli levigati ed angelici delle fanciulle di turno stridono ferocemente contro i tratti spesso deformi e buffoneschi degli eterni nemici russi, dall’aspetto grottesco e i nomi comici (uno tra tutti Super Khakalovitch, il giovane sudicione!) rappresentati come uomini di Neanderthal di fronte al cugino Sapiens Sapiens.

Viso, specchio dell’anima, insomma, come a voler mettere ulteriormente in luce (se mai ce ne fosse stato bisogno) l’abissale differenza tra figli dell’Occidente e comunisti. ” Non giudicate un uomo dal suo volto…ma dalle sue azioni!” pontifica Johnny Flagg di fronte alla solita platea adorante di ben pensanti e ben vestiti  in “Il mortale Doolittle”, provando nel volgere di pochi secondi l’esatto contrario: l’ unico individuo fragile e bruttarello è esattamente il mortale nemico in attesa di colpirlo alle spalle.

I talenti artistici, scintillanti e mai datati di Simon e Kirby hanno trovato una premurosa accoglienza nel team editoriale di Bao Publishing, meritevole di aver proposto un’antologia delle storie di Fighting America in una versione italiana che non fa rimpiangere l’originale: tavole restaurate con cura archeologica, lettering camaleontico e traduzione (ad opera di Francesco Vanagolli) fedelissima, vitale, precisa, capace di esprime le note più alte dello sciovinismo americano degli anni del conflitto ghiacciato, sono le doti che fanno di questa raccolta un vero e proprio tomo da collezione, un titolo da vetrina.

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