Signal to Noise di Neil Gaiman, la nostra recensione

Pubblicato il 19 Gennaio 2015 alle 10:26

La coppia Gaiman-McKean colpisce ancora una volta al cuore dei lettori, un duo che non sbaglia mai e che, grazie ad Edzioni Bd, arriva a noi in un unico strepitoso volume da leggere e gustare. Un viaggio fatto di segnali e rumori tra letteratura e fumetto.

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Mentre scrivo stringo tra le mani un volume di notevole pregio, ormai da molti anni richiesto dal pubblico e finalmente pubblicato da Edizioni BD in una magnifica, grande e meritata edizione. Originariamente serializzato nel 1989 sulla rivista di moda d’avanguardia The Face, fu poi pubblicato in un volume unico nel 1992, (mai pubblicato interamente in Italia prima del 2014) una storia redazionale aspra e accidentata che si concretizzò in diverse forme artistiche, passando dal radiogramma della BBC fino ad un incompiuto progetto cinematografico, arrivando sino alla trasposizione in un progetto teatrale.

Il volume non contiene solamente l’originale Signal to Noise, storia principale che da il titolo all’opera, ma contiene anche tre storie brevi: Wipe Out (che convinse la rivista britannica a commissionare ai due autori Signal to Noise), Decostruzione (commissionata da una rivista tedesca) e Confini (creata per un libro internazionale di storie brevi che celebrava la caduta del muro di Berlino), a conclusione del volume troverete, inoltre, il capitolo Millennio. Oltre alle opere citate segnalo un apparato introduttivo notevole che vi servirà per capire la difficile vita editoriale dell’opera e che vi immergerà nei primi segnali-rumori che inebrieranno il volume.

Potrebbe sembrare inutile dire che questi due autori insieme producano lavori simbiotici, essenziali e vitali, e invece mi sento di ribadirlo e di sottolinearlo. Il connubio tra Gaiman e McKean non è mai banale e ne scaturisce sempre una notevole quantità di spunti per una riflessione interiore profonda, psicologica, analitica e superiore, che prende come soggetto l’artista ma che può benissimo essere trasposta in ognuno di noi. Una citazione che considero riassuntiva: “I miei film sono lontani da quello che ho nella mia testa. E’ li che sono i veri film. Poi li metto su carta e alla fine su pellicola…per porre fine alla loro sofferenza.”

I simboli che ricorrono tra le illustrazioni di McKean sono forti: i segnali, il rumore di fondo, i suoni rappresentati, possono far sembrare le tavole caotiche e confuse, invece si respira un’atmosfera di tormentato silenzio. Un urlo soffocato e scevro di aspettativa che tristemente ci conducono alla fine del volume che, nonostante il dolore, ci dona rinascita e apocatastasi. L’illustratore non manca poi di proporre tutte le sue tecniche di rappresentazione con le quali si destreggia abilmente incastrandole tra le parole del collega. Un vero e proprio lavoro magistrale che stimola in questo modo tutte le corde dell’arte, permettendoci di apprezzare e riscoprire emblemi e contrassegni tutte le volte che volgiamo lo sguardo sul volume.

Un segnale di vita tra i rumori della morte.

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