Punisher Born, recensione Max Best Seller

Pubblicato il 8 Aprile 2014 alle 11:30

Cosa è accaduto a Frank Castle quando combatteva in Vietnam? Ce lo racconta l’irriverente Garth Ennis in Punisher: Born, una delle più intense miniserie targate Max, valorizzata dai disegni di Darick Robertson e dalle chine di Tom Palmer

Max Best Seller punisher bornMax Best Seller – Punisher Born

Autori: Garth Ennis (testi), Darick Robertson (disegni)

Casa Editrice: Panini Comics

Genere: Guerra

Provenienza: USA

Prezzo: €5,00, 17 x 26, pp. 96, col.

Data di pubblicazione: aprile 2014

Quando negli anni settanta Gerry Conway introdusse Frank Castle, alias il Punitore, in una memorabile story-line di Amazing Spider-Man, forse non pensava che nel corso del tempo sarebbe diventato uno dei personaggi più discussi e controversi della Marvel. Ispirandosi alle pellicole con Charles Bronson e agli antieroi dei pulp, Conway descrisse un individuo che combatteva i criminali ma, a differenza di altri giustizieri Marvel, li uccideva. Non era il periodo del revisionismo americano con l’ambiguità morale dilagante e i lettori ne furono sconcertati. Conway intendeva usarlo periodicamente contro l’Uomo Ragno e in effetti così fu. Il Punitore apparve regolarmente negli albi di Spidey e pure in quello di Capitan America ma bisognò attendere gli anni ottanta per vedere comic-book a lui dedicati, introdotti da una miniserie che ottenne riscontri favorevoli.

Autori come Mike Baron e altri scrissero storie violente, realistiche se paragonate a quelle di altre collane, e Punisher divenne uno dei character fondamentali del Marvel Universe. Ma l’eccessivo sfruttamento editoriale non giovò e nei primi anni novanta Frank cadde nel dimenticatoio o quasi. Tuttavia, Joe Quesada, occupandosi della divisione Marvel Knights, decise di farlo ritornare in gioco e, dopo alcuni tentativi poco riusciti, di affidarlo a Garth Ennis, trasgressivo autore di Preacher, con risultati eccellenti. Ennis l’ha usato sia nell’ambito Marvel Knights, appunto, sia in quello Max, dedicato a prodotti più adulti; nel primo caso, facendolo agire nell’Universo Marvel propriamente detto, insistendo su toni pulp alla Tarantino e situazioni ironiche e grottesche; nel contesto Max, invece, raccontando vicende drammatiche  prive di contatti con il mondo supereroico.

Ma Ennis ha realizzato pure una miniserie, Punisher: Born, che si colloca in un momento importante della vita di Castle e in genere poco analizzato: quello della guerra del Vietnam. Si sa da sempre, infatti, che Frank aveva preso parte a quel tragico conflitto; poi, rientrato negli Stati Uniti, si era concentrato sulla famiglia. La morte della moglie e dei figli, coinvolti loro malgrado in un regolamento di conti tra mafiosi, aveva spinto Frank, stimolato dal dolore e da una preoccupante psicosi, ad indossare i panni del Punitore e a ‘punire’, appunto, i criminali. Nello stesso tempo, però, cercava di punire se stesso, reo di non aver saputo proteggere la famiglia, impegnandosi in una pericolosa lotta senza quartiere contro il male. Lotta in fondo impossibile da vincere, data la persistenza dell’istinto malvagio negli esseri umani.

Era questa, fondamentalmente, la motivazione psicologica del Punitore delineata da Mike Baron. Ma Ennis stravolge tutto proprio con Punisher: Born. La miniserie in questione è da considerare un ottimo esempio di war story e non troverete nulla che possa far pensare alle storie di supereroi. Non c’è da stupirsene, considerando l’amore che Ennis nutre nei confronti del genere bellico. Lo scrittore narra quindi una vicenda piena d’azione adrenalinica, violenza e pathos ma non priva di atmosfere malinconiche e introspettive. Ci troviamo in un Vietnam che sembra uscito da ‘Apocalypse Now’. Frank Castle guida un manipolo di soldati che peraltro lo temono, percependo in lui una freddezza sconcertante. La trama è narrata in prima persona da uno di loro che, pur ammirando il coraggio e l’abnegazione di Castle, non riesce a comprenderlo fino in fondo.  Non lo comprendono, se è per questo, nemmeno i superiori che Ennis descrive come pavidi e inetti.

C’è senz’altro qualcosa che non va nella psiche di Frank. Un lato oscuro emerge di tanto in tanto e lo spinge a compiere azioni indicibili, motivate sempre e comunque dalla volontà di sopravvivere e di proteggere i commilitoni. Un lato oscuro provocato da una guerra insensata, una guerra che gli americani sentono di non poter vincere, una guerra voluta da un potere corrotto che, trincerandosi dietro una vuota retorica propagandistica, fa gli interessi delle multinazionali. Ne è consapevole un soldato di colore che critica a più riprese l’American Way Of Life e parla con sarcasmo del cosiddetto Sogno Americano, denunciandone la basilare falsità. E ne sono consapevoli i soldati drogati che si rifugiano nei paradisi artificiali illudendosi di allontanarsi, almeno momentaneamente, dall’inferno vietnamita.

E il Vietnam descritto da Ennis è un inferno fatto di morti, esplosioni, stupri, brutalità. Ed è tale inferno che dà vita al Punitore. La tesi ennisiana è questa: il terribile vigilante non nasce quando vede morire i suoi cari; ma prima, nel corso del conflitto vietnamita; quando, in pratica, si confronta con le gesta orribili che gli uomini compiono in momenti disperati. Il cambiamento di prospettiva è radicale e forse potrà non piacere ai lettori affezionati alla visione classica di Punisher. Ma è innegabile che l’opera ha un’ intensità espressiva che non lascia indifferenti.

Darick Robertson rende giustizia alla sceneggiatura rappresentando con abilità la figura intimidente di Frank, resa ancora più inquietante dalla fissità dello sguardo; e caratterizza con maestria i vari personaggi. Riesce inoltre a ben raffigurare la minacciosità della giungla, un ambiente cupo e ostile che assomiglia a una tetra e desolata dimensione oltremondana. L’oscurità è accentuata dalle chine del grande Tom Palmer, nome storico dei comics americani, colui che rese più preziose e raffinate le matite di John Buscema in tanti episodi dei Vendicatori. E lo splendido connubio Robertson/Palmer costituisce l’ulteriore punto di forza di Punisher: Born, un’opera da non sottovalutare.

Voto: 8

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