Doom Patrol di Grant Morrison n. 4 – Recensione Lion Comics

Pubblicato il 1 Novembre 2013 alle 15:50

Si conclude l’incredibile run della Doom Patrol ideata dal geniale Grant Morrison! Cosa succederà a Robotman, Crazy Jane, Rebis e Joshua alle prese con il terribile Candelaio? E qual è lo sconvolgente segreto di Niles Caulder? Scopritelo in questo DC Essential dedicato alla più bizzarra squadra del DCU!

doom_patrol_4Doom Patrol di Grant Morrison n. 4

Autori: Grant Morrison (testi), Richard Case, Sean Philips, Steve Pugh, Ian Montgomery, Paris Cullins, Duke Mighten, Ken Steacy (disegni)

Casa Editrice: RW-Lion

Genere: Supereroi

Provenienza: USA

Prezzo: € 26,95, 16,5 x 25,2, pp. 336, col.

Data di pubblicazione: ottobre 2013

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Quando Grant Morrison iniziò a scrivere la serie della Doom Patrol nessuno pensava che il geniale autore di Glasgow sarebbe riuscito a creare un fumetto eversivo e anti-convenzionale come pochi. D’altronde, nella metà degli anni ottanta i lettori americani lo conoscevano solo per Animal Man e malgrado si trattasse di un’opera strana e originale era difficile intuire a quale livello di follia e di visionarietà potesse spingersi. E lo dimostrò proprio con la Pattuglia del Destino. Della classica formazione Grant conservò solo il leader Niles Caulder e Robotman; altri character furono trasformati e nella squadra giunsero nuovi componenti come la ragazzina down Dorothy Spinner e la schizofrenica Crazy Jane.

Episodio dopo episodio, le situazioni immaginate da Morrison divennero sempre più allucinanti, in linea con i presupposti del team: nel DCU infatti esistono minacce che i supereroi convenzionali possono affrontare; ma che succede se le minacce sono illogiche e schizoidi? Possono essere contrastate solo da personalità disturbate come quelle della Doom Patrol, appunto. Perciò, fedele a tale assunto, Morrison inventò criminali strampalati: la Confraternita del Dada, per esempio; o gli Uomini del N.O.W.H.E.R.E., delineando story-line influenzate dall’arte, la letteratura, la poesia, le teorie quantistiche, l’esoterismo e l’occultismo; e i testi erano costituiti da deliranti filastrocche, monologhi interiori di impostazione joyciana, versi surrealisti e cut-ups burroughsiani.

Con questo quarto volume RW-Lion propone gli episodi conclusivi della run e nella fattispecie i nn. 54-63 della testata originale. Il gruppo, reduce dall’ennesimo scontro con la Confraternita del Dada, non se la passa bene. Rebis ha seri problemi di natura psicologica, Crazy Jane sembra aver perso i poteri ma deve ancora superare i traumi dell’infanzia e la piccola Dorothy è tormentata da una presenza insidiosa. Dopo aver analizzato, con una sconcertante serie di monologhi, la psicologia di Rebis (ricordiamo che è il frutto dell’unione alchemica di un uomo e una donna), Grant si concentra sull’enigmatica figura di Niles Caulder, freddo e impassibile capo della Doom Patrol che finora non aveva rivelato molte cose sul suo conto.

Robotman e Joshua scopriranno un’agghiacciante segreto sull’uomo e dopo un incredibile colpo di scena la formazione del team verrà modificata. Si rifarà vivo inoltre il sensitivo Willoughby Kipling con preoccupanti rivelazioni sulla fine del mondo e, come se non bastasse, arriverà una nuova terribile minaccia: il Candelaio, l’essere che ha tormentato Dorothy e che ha pessime intenzioni nei confronti dell’intero universo. Con l’ausilio della strada senziente Danny La Via, la Doom Patrol cercherà di fermarlo ma non sarà facile. E forse neanche Doc Magnus, l’inventore dei Metal Men, potrà essere d’aiuto.

La struttura narrativa utilizzata da Morrison si fa sempre più contorta, con piani paralleli di realtà, allucinazioni, esasperate contrapposizioni tra reale e immaginario e la dicotomia sanità mentale/follia. Lo scrittore si fa influenzare da una miriade di tematiche e di suggestioni: la numerologia, la teoria del caos, le profezie dei Maya sul 2012 (che anticipano The Invisibles), l’occultismo di Jack Parsons, gli archetipi di Jung, le intuizioni di Terence McKenna, la favola del Mago di Oz e così via, tanto che leggere la sequenza significa farsi letteralmente bombardare il cervello da una mole abnorme di nozioni e riferimenti. La fase conclusiva dello scontro con il Candelaio è forse troppo esasperata e Morrison rivela una certa stanchezza nell’ispirazione, dilatando in maniera eccessiva la trama (e lo ammette pure lui nel libro Supergods), segno che si era ormai stufato della Doom Patrol e intendeva occuparsi di altro. Ciò non toglie che la fine della sua gestione è logica e consequenziale.

Peccato che i disegni siano quasi del tutto appannaggio di Richard Case, dal tratto grezzo e legnoso, sebbene si riveli funzionale e si conceda interessanti costruzioni della tavola e peculiari giochi prospettici. Un episodio è invece illustrato da Sean Phillips che ha uno stile più fluido e piacevole. Il volume include poi lo special Doom Force, scritto da Grant nei primi anni novanta e imperniato su una versione alternativa del gruppo (della squadra c’è solo Dorothy in versione adulta). È una satira degli scontri tra supereroi alla Rob Liefield contrassegnata da un ritmo adrenalinico e tamarro e da testi elementari. Morrison si diverte con una storia divertente illustrata da penciler come Paris Cullins, Steve Pugh e altri che mimano il lay-out di Liefield, quello che aveva fatto presa sul pubblico giovanile con New Mutants prima ed X-Force poi. Non si tratta di una pietra miliare ma è gradevole e va preso per ciò che è: un sarcastico sfottò nei confronti di un autore all’epoca in auge. Nel complesso, pure il quarto volume della Doom Patrol è valido e va tenuto in considerazione.


Voto: 8

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